Scoperta Dragonfly 44, la galassia rimasta al buio
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Scoperta Dragonfly 44, la galassia rimasta al buio

Sfuggita per decenni agli astronomi a causa della sua luminosità estremamente debole, la galassia presenta così poche stelle che potrebbe essere disgregata rapidamente se non fosse per l’azione di qualcosa che la tiene insieme.

La galassia Dragonfly 44
La galassia Dragonfly 44
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30 Agosto 2016 - 11.25


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di Corrado Ruscica

Grazie ad una serie di osservazioni realizzate con i telescopi Keck II e Gemini North, situati entrambi a Maunakea nelle Hawaii, un gruppo internazionale di astronomi ha identificato una galassia massiva che consiste quasi interamente di materia oscura. I risultati di questo studio sono riportati su Astrophysical Journal Letters.

Anche se l’oggetto è relativamente vicino, la galassia, denominata Dragonfly 44, è sfuggita per decenni agli astronomi a causa della sua debole luminosità. La scoperta risale allo scorso anno, quando lo strumento Dragonfly Telephoto Array osservò una regione del cielo verso la costellazione della Chioma. Dopo ulteriori indagini, i ricercatori si resero conto che Dragonfly 44 doveva contenere qualcosa d’altro che la tiene insieme: essa, infatti, presenta così poche stelle che potrebbe essere disgregata rapidamente.

Per determinare, quindi, la quantità di materia oscura nella galassia in questione, gli astronomi hanno trascorso sei notti utilizzando lo spettrografo multi-oggetto DEIMOS (DEep Imaging and Multi-Object Spectrograph), installato al telescopio Keck II: lo scopo era misurare la velocità delle stelle per un periodo di osservazione pari a 33,5 ore. Successivamente, i ricercatori hanno utilizzato lo spettrometro GMOS (Gemini Multi-Object Spectrometer), installato al telescopio da 8 metri Gemini North, per rivelare l’alone degli ammassi globulari che circondano il nucleo della galassia, una situazione che ricorda l’alone della Via Lattea.

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«Sappiamo che il moto delle stelle ci dice quanta materia c’è», spiega Pieter van Dokkum della Yale University e autore principale dello studio. «Alle stelle non interessa quale tipo di materia è presente. Esse ci segnalano che è proprio lì, da qualche parte. Ma nel caso di Dragonfly 44 le stelle si muovono molto velocemente, perciò c’era un’enorme discrepanza: infatti, grazie al telescopio Keck, abbiamo trovato molta più massa indicata dal moto stellare rispetto alla massa dovuta alle stelle».

Gli astronomi stimano che la massa di Dragonfly 44 sia pari a un trilione di volte la massa del Sole, un valore molto simile alla massa della Via Lattea. Tuttavia, solamente un centesimo dell’un percento della massa si trova sottoforma di stelle e di materia ordinaria (basti pensare che la nostra galassia possiede molte più stelle rispetto a Dragonfly 44, almeno un centinaio di volte superiore). Dunque, si deduce che il restante 99,99 percento può essere presente sotto forma di materia oscura.

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È stata una sorpresa trovare una galassia che ha una massa analoga a quella della Via Lattea ed è quasi interamente composta di materia oscura. «Non abbiamo idea su come si formano le galassie come Dragonfly 44», dice Roberto Abraham, dell’Università di Toronto, coautore dello studio. «I dati forniti dal telescopio Gemini mostrano che una frazione relativamente grande di stelle è rappresentata da ammassi stellari compatti, un indizio importante. Ma al momento stiamo facendo solo delle ipotesi».

«Tutto ciò ha implicazioni importanti per lo studio della materia oscura», aggiunge Dokkum. «Abbiamo degli oggetti composti quasi interamente di materia oscura, perciò non siamo confusi dalle stelle e da tutte le altre cose presenti in una galassia. Qualche anno fa, le galassie di questo tipo ci apparivano minuscole. Ora questa scoperta apre una nuova finestra su una nuova classe di oggetti massivi, che possiamo analizzare più facilmente grazie al potere esplorativo di telescopi sempre più potenti».

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«In definitiva, ciò che vogliamo davvero sapere è capire che cos’è la materia oscura», conclude Dokkum. «Gli astronomi sono in piena corsa alla ricerca di galassie massive oscure che sono addirittura più vicine di Dragonfly 44. L’obiettivo è quello di cercare deboli segnali che possano essere riconducibili all’eventuale presenza di qualche particella di materia oscura».

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