L'agricoltura dal volto umano: Mario e Josephine, la meglio gioventù
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L'agricoltura dal volto umano: Mario e Josephine, la meglio gioventù

Storia di due agricoltori che allevano le rarissime capre girgentane, razza autoctona siciliana in via d'estinzione. [Onofrio Dispenza]

Capre girgentane
Capre girgentane
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15 Settembre 2016 - 21.32


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di Onofrio Dispenza

“Non posso aspettarmi che il falegname vicino di casa venga a comprarsi il latte da me se io vado a comprarmi i mobili da Ikea”. Mario è di una famiglia di agricoltori di Nicosia. I suoi genitori, che hanno sulle spalle e sulle mani il peso della terra, avevano fatto di tutto per allontanarlo dalla terra. Nicosia è davvero l’ombelico della Sicilia.  Da qui sono partiti in tanti per lasciarsi la terra alle spalle. Da qui sono passati in tanti, dominatori e portatori di altre culture, ed ogni presenza ha fatto più ricco il patrimonio di Nicosia. Pure la lingua più ricca, strana. Ruggero d’Altavilla trapiantò qui gente lombarda, e di quella gente è rimasto il gallo italico che si parla da queste parti, ma anche in altri paesi dell’Isola.

 I siciliani se devono raggiungere un posto non dicono “vado a…”, pesano il viaggio e dicono “salgo a…” o “scendo a…”. Se da Milano, Torino a Roma si va verso la Sicilia, siccome il viaggio è leggero al cuore, si dice “scendo in Sicilia”. Il rientro, pesante, è “salgo a Milano…a Torino…a Roma”. In questo caso, per conoscere Mario, saliamo a Nicosia, ma perché ci si inerpica. Di Mario mi hanno parlato gli amici, Edite e Alessandro. Eccolo Mario, è tra le sue capre, a tutte ha dato un nome. Capre maestose di una razza particolare che viene da pagine lontane della Storia. Mario  ha provato a vivere 6 anni in Inghilterra. Lì ha conosciuto Josephine una ragazza italiana, alla quale Milano, la sua città d’origine, stava stretta. Convinto che in Inghilterra esistesse un modello agricolo naturale, come quello del suo paese, decide di fare un’esperienza negli allevamenti. La realtà è ben diversa, il 90 per cento degli allevamenti inglesi sono intensivi, senza alcun riguardo per il benessere degli animali, trattati alla stregua di macchine. Si rottama un animale come un auto, ogni 8/9 anni. Mario e Josephine nel frattempo diventano una coppia. Si spostano in Irlanda. Anche qui, animali come macchine da produzione. Mario e Josephine  in una settimana hanno già dato il nome a oltre 400 mucche, notando un forte cambiamento in loro. “La mucca come la capra – dice Mario carezzandone una –  è un animale molto spirituale”.

Nell’allevamento irlandese Mario e Josephine sono solo due lavoranti, ma avviano questa piccola rivoluzione: fanno il loro lavoro dando una carezza, rivolgendo la parola e chiamando per nome le “loro” mucche. In Irlanda ci restano un mese, poi un passaggio in Spagna, lungo la strada che porta a Santiago de Compostela. E’ qui che nasce l’idea del ritorno. Tornare in Sicilia, l’idea di Mario, idea sposata da Josephine. All’inizio, non hanno ben chiaro cosa fare. Lui adora le capre girgentane, una razza autoctona siciliana in via d’estinzione. La prima volta che ne ha vista una aveva 6 anni, ed era rimasto incantato dalla sua maestosità. Oggi nel mondo di queste capre ce ne sono solo 700 esemplari. All’inizio i due ragazzi ne comprano venti. Poi, casualmente un giorno, Mario sente per la prima volta la parola “permacultura”, un’agricoltura realmente ecosostenibile collegata all’ambiente: ciascuno prende quello che può, senza alterare l’equilibrio generale. La permacultura insegna a valutare quanto ti costa realmente produrre il massimo e che danno stai creando per produrre quella cosa. Magari un terreno che produce il massimo, lo farà per vent’anni, dopo di che avrà un calo mostruoso, quasi morirà, esausto. Un terreno, invece, che è rispettato produrrà all’infinito. Dal prossimo anno Mario riprenderà a coltivare “la Preziosa”, una varietà antica di grano siciliano, di questo territorio, Gli dedicherà quattro ettari. La terra, gli animali, chiedono rispetto: “Non è se hai un marchio (slow food, dop, doc o biologico) che sei pulito” ci avverte Mario. “La vera garanzia per il consumatore finale – aggiunge – è conoscere direttamente chi fa il cibo, esserci amico, andare in azienda in qualsiasi momento, senza preavviso, e vedere come si lavora. Mario ha creato anche un caseificio, lavora solo il latte di capra girgentana del suo allevamento,  convinto che la differenziazione dei sapori dovuti alla razza, al pascolo e al territorio oggi è la chiave del successo in campo agro-alimentare. Il suo latte, quindi, diventa unico, è fatto da una capra girgentana, che pascola nel suo territorio. Con Mario e Josephine, animali sempre al pascolo, bandita la stabulazione fissa. Qui le capre producono una media di un litro e mezzo / due litri di latte al giorno contro le 6 di un’altra razza, che sta monopolizzando il mercato. La scelta di Mario serve a non uniformare le razze, a mantenere quelle che il mercato sta cercando di eliminare definitivamente come succede con la monocultura nel campo del grano. Centocinquanta delle 700 capre girgentane oggi esistenti sono di Mario e Josephine. “. Un numero più alto? No, non sarebbero gestibili al pascolo…”. Mario e la sua compagna vogliono avere poco, fare bene il lavoro che hanno scelto, darci la possibilità di acquistare i loro prodotti in azienda o nei piccoli rivenditori locali, evitando la grande distribuzione: “Il futuro appartiene alle piccole comunità che si autosostengono”. E torna a fare l’esempio che ce lo ha fatto conoscere: “Non posso aspettarmi che il falegname vicino di casa venga a comprarsi il latte da me se io vado a comprarmi i mobili da Ikea”.  Mario e Josephine, la meglio gioventù.

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