Tutto inizia alla fine degli anni ’90: il positivismo scientifico applicato ai vaccini incontra il suo primo nemico mortale, proprio agli albori dell’era di Internet. È la storia di una delle più grandi frodi scientifiche del XX secolo, a firma del gastroenterologo inglese Wakefield che, sulla prestigiosa rivista Lancet, teorizza per primo un nesso tra il vaccino MPR (quello contro morbillo, parotite e rosolia) e l’autismo nei bambini. Il medico sostiene che il vaccino può causare infiammazione intestinale, con conseguente aumento della permeabilità della barriera intestinale e passaggio in circolo di sostanze tossiche per l’encefalo, favorendo, quindi, lo sviluppo di autismo.
Nello studio vengono descritti 12 bambini, affetti da disturbi gastrointestinali e autismo dopo vaccinazione con MPR. Due studi successivi di Wakefield indicano l’esistenza di una correlazione causale tra autismo e vaccinazione. Dopo il comprensibile scalpore iniziale, ben presto altri studi, sia in Europa che in Usa, trovano falle nella ricerca di Wakefield, e concludono che non ci sono evidenze scientifiche del nesso vaccini-autismo.
Un grande studio dell’Institute Of Medicine of the National Academies americano, valutando l’esistenza di evidenze scientifiche a favore di una possibile correlazione tra 8 differenti vaccini (incluso l’MPR) ed una serie di eventi avversi, respinge definitivamente l’ipotesi di un nesso con l’autismo. Alle stesse conclusioni è giunta l’Oms.
Non solo, uno studio americano del 2011 ha dimostrato come la vaccinazione anti-rosolia (generalmente somministrata nella formulazione trivalente MPR) abbia evitato, nel decennio 2001-2010, numerosissimi casi di disturbi dello spettro autistico associati alla sindrome da rosolia congenita.
Nel 2004, un’inchiesta giornalistica condotta da Brian Deer sul Sunday Times rivela che lo studio di Wakefield non era immune da interessi economici: oltre a difetti epidemiologici (quali mancanza di un gruppo di controllo, esami endoscopici e neuropsicologici non eseguiti in “cieco”, comparsa dei sintomi gastroenterici dopo e non prima lo sviluppo di autismo, in 7 dei 12 bambini presi in esame), conteneva alterazioni e falsificazioni della storia anamnestica dei pazienti, allo scopo di supportare le conclusioni del suo studio.
Lo scandalo è mondiale: gli altri co-autori dello studio di Wakefield firmano una dichiarazione con cui ritrattano le conclusioni del lavoro. E l’Ordine dei medici inglese riconosce il gastroenterologo colpevole di una trentina di capi d’accusa, tra cui disonestà e abuso di bambini con problemi di sviluppo, nella conduzione della ricerca pubblicata, espellendolo dall’Ordine stesso. Nel 2010 Lancet ha ritirato l’articolo in questione.
Ma la paura ormai è instillata nell’opinione pubblica: quando negli anni 2000 l’Italia dispone l’eliminazione del tiomersale (un composto a base di etilmercurio contenuto nei vaccini fin dal 1930) dai vaccini monodose a scopo precauzionale i complottisti ci leggono una conferma dei loro sospetti sulla tossicità dei vaccini. Ignorando che l’etilmercurio ha una vita di appena 7 giorni e viene rapidamente eliminato attraverso urine e feci. Come scrive l’Oms nel 2012, “i vaccini contenenti tiomersale sono sicuri, essenziali ed insostituibili per lo svolgimento dei programmi di immunizzazione”.
In ogni caso, l’incidenza di autismo o anomalie del sistema nervoso centrale in bimbi vaccinati, che già era bassissima, è rimasta invariata anche dopo la rimozione precauzionale del tiomersale. La paura della morte in culla Ancora negli anni ’90 si diffonde la convinzione di una possibile associazione causale tra SIDS (la sindrome della “morte in culla”) e precedente vaccinazione.
A tutt’oggi, il principale vaccino chiamato in causa dagli oppositori alle vaccinazioni è quello esavalente che, per i numerosi vantaggi che offre, è ampiamente impiegato in Italia per la vaccinazione dei nuovi nati contro difterite, tetano, pertosse, polio, epatite B e Haemophilus influenzae tipo b, così come in altri Paesi che hanno un calendario vaccinale simile al nostro. In realtà, i numerosi studi epidemiologici effettuati per appurare l’esistenza di una correlazione tra vaccinazione e SIDS hanno dimostrato che non vi è alcuna differenza nell’occorrenza del fenomeno tra bambini vaccinati e non.
Come si vede, dunque, le “fake news” sui vaccini sono annose, a volte pluridecennali, ma dure a morire.
La colpa è in massima parte del web. Secondo un’indagine Censis del 2014, il 42,8% dei genitori decide se vaccinare o meno i propri figli dopo aver cercato notizie su internet. La metà va sui social network a questo scopo, dove le notizie, ancor più che nella rete in generale, sono di tutti i tipi, assolutamente incontrollate e non filtrate. Un mare magnum apparentemente anarchico, ma in realtà decisamente orientato: l’80% dei genitori “internauti” confessa di aver trovato sui vaccini notizie di taglio negativo, solo il 45,6% si è imbattuto anche in notizie positive. Chi cerca oggi informazioni sui vaccini in rete nel 46,7% dei casi troverà allarmismi e avvertenze sui rischi, solo il 26,8% leggerà articoli o pagine web sui vantaggi delle vaccinazioni, e appena uno su 5, il 20,6%, avrà la fortuna o la perizia di imbattersi in fonti scientifiche o istituzionali, che chiariscano composizione e funzionamento dei vaccini stessi. Il risultato è un impressionante 62,1% di genitori, ossia quasi due su tre, convinti che le vaccinazioni possano causare malattie gravi come l’autismo. Non a caso il 70% degli interpellati si ritiene contrario all’obbligatorietà dei vaccini.
Le tabelle Oms, basate su innumerevoli studi clinici sulle reazioni avverse ai vaccini, parlano chiaro: nel 99% dei casi si rischiano arrossamento e gonfiore nel punto dell’iniezione o tutt’al piu’ una rapida febbre. Problemi più gravi, come le convulsioni, sono nell’ordine di un caso ogni 200mila vaccinati. Ma i pregiudizi hanno spesso la meglio sui giudizi, e forse, sostengono gli scienziati, si dovrebbe ripartire dalla memoria condivisa. Quanti conoscono la storia della poliomielite in Italia, prima dell’inizio della vaccinazione di massa a partire dal 1964? Solo nel 1958, in Italia, furono notificati oltre ottomila casi; l’ultimo caso è stato notificato nel 1982. Quanti conoscono gli esiti di quella “paralisi infantile” che ha riguardato migliaia di bambini, deceduti o comunque paralizzati anche in modo gravissimo? Quanti sanno cosa sia un polmone d’acciaio? Ricordare il passato potrebbe aiutare a fare scelte ben ponderate nel presente e a non abbassare mai la soglia di guardia nei confronti delle malattie trasmissibili.
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