“Mi chiamo Massimo Conte, ho 56 anni e da quasi 30 anni svolgo la professione di medico pediatra. Sin da bambino ho desiderato diventarlo, benché nella mia famiglia non ci fossero precedenti in questo senso, ma solo naviganti e ingegneri. Credo che nella mia scelta abbia molto influito la perdita di un fratello, per una patologia non riconosciuta, quando avevo tre anni. Da allora ho sempre pensato che avrei voluto fare da grande qualcosa per guarire i bambini e ricordo ancora con una certa ilarità che all’esame di quinta elementare nel tema d’italiano scrissi testuali parole ‘a me piacciono i bambini malati’. Si racconta così Massimo Conte, medico del Gaslini a Genova, che da decenni è in prima linea per salvare i bambini malati. La sua è una delle tante storie che l’Associazione Italiana per la Lotta al Neuroblastoma e l’Istituto Italiano della Donazione hanno voluto raccontare per sensibilizzare l’opinione pubblica a donare per la ricerca contro questa forma di tumore pediatrico.
La campagna attiva si chiama #DonaFuturo: promuove per la prima volta un’azione concreta a sostegno di una causa per celebrare la ricorrenza del 4 ottobre, Giorno del dono. Proprio fino al 4 ottobre sarà attiva la numerazione solidale Tim: il valore della donazione sarà di 2 euro per ciascun sms inviato da cellulari Tim e di 5/10 euro anche per ciascuna chiamata fatta allo stesso numero da rete fissa Tim. E’ possibile sostenere la raccolta fondi anche con donazioni tramite bonifico o paypal.
Oggi il dottor Conte ricopre il ruolo di coordinatore del Gruppo italiano per lo studio e cura del Neuroblastoma in Italia ed è vicepresidente dell’Associazione Italiana lotta al Neuroblastoma che da oltre 20 anni finanzia la ricerca su questa patologia e senza la quale tanti passi in avanti non si sarebbero mai potuti fare.
“Ho svolto parte dei miei studi a Napoli – racconta Conte – dove ero residente all’epoca e ho poi conseguito a Genova la laurea in Medicina e Chirurgia e la specializzazione in Pediatria entrambe a pieni voti. Ancora specializzando, sono entrato all’Istituto G. Gaslini dove ho frequentato la Clinica Pediatrica e grazie alla figura di un grande medico e uomo, il professor Cottafava, ho cominciato ad avvicinarmi all’ematologia pediatrica. E’ stato subito amore a prima vista e il mio interesse per la patologia mi ha permesso poi di entrare in contatto con l’emato-oncologia pediatrica”.
“Da allora – prosegue Conte -, e siamo agli inizi degli anni 90, mi sono sempre occupato di tumori solidi ed in particolar modo di Neuroblastoma. Non ho mai avuto lo spirito del ricercatore e ho sempre preferito l’assistenza e la clinica sul campo perché per me il rapporto con il paziente ed i suoi familiari è motivo di confronto, crescita ed arricchimento umano”. Gli anni ’90 sono stati pioneristici per l’oncologia pediatrica. “La guaribilità dei tumori pedriatrici – spiega ancora Conte – era molto insoddisfacente e causa di frustrazione per chi se ne occupava. Per esempio non più del 10% dei bambini con un Neuroblastoma metastatico poteva guarire; nelle forme localizzate non si arrivava oltre il 50% di guarigioni e i bambini molto piccoli sottoposti a chemioterapia o chirurgia potevano andare incontro a gravi complicanze tra cui la morte proprio per effetto dei trattamenti”.
Oggi, grazie alla ricerca, conosciamo meglio la biologia di questo tumore e abbiamo armi migliori a disposizione. “La sopravvivenza dello stadio metastatico – afferma Conte – è a 5 anni dalla diagnosi del 40-45%, ancora molto da migliorare, nelle forme localizzate arriviamo ad oltre l’80% di guarigioni e nei bambini molto piccoli la possibilità di sopravvivere ad un neuroblastoma è quasi del 100%”.
“In tutti questi anni di attività – conclude Conte – ho visto mille storie diverse, vissuto momenti di gioia, di sofferenza, di impotenza che mi hanno fatto crescere come uomo, come professionista, amare il mio lavoro e mai rimpiangere la scelta fatta molti anni fa. Posso dire di ritenermi fortunato per aver potuto realizzare ciò che ho sempre desiderato nella vita e nella professione. Negli anni della maturità non ho perso l’entusiasmo di fare, cercare, conoscere e questa è la pozione magica che tutte le mattine mi fa entrare in ospedale con il sorriso”.
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