Usa, sperimentato un nuovo metodo per smascherare in anticipo l'Alzheimer
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Usa, sperimentato un nuovo metodo per smascherare in anticipo l'Alzheimer

La Nature Medicine di Washington ha messo a punto questo rivoluzionario metodo con cui sarà possibile valutare qualsiasi tipo di danno al cervello.

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22 Gennaio 2019 - 12.01


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Grazie a un nuovo esame del sangue, sarà possibile riconoscere la presenza di una proteina ‘spia’ del danno cerebrale provocato dall’Alzheimer già nelle primissime fasi.
Sperimentato con successo su pazienti con una rara forma familiare di Alzheimer precoce, in futuro potrebbe essere usato per valutare qualsiasi tipo di danno al cervello, incluso quello provocato da sclerosi multipla, ictus e traumi. A indicarlo è lo studio pubblicato su Nature Medicine dall’Università di Washington con il Centro tedesco per le malattie neurodegenerative (Dzne), l’Istituto Hertie per la ricerca clinica sul cervello (Hih) e l’Università di Tubinga.
La novità del loro lavoro sta nell’aver messo a punto un test del sangue ‘universale’ per la valutazione dei danni al cervello: l’esame, infatti, non va alla ricerca di un marcatore specifico dell’Alzheimer come la proteina beta-amiloide, bensì di una proteina filamentosa, chiamata Nfl, che fa parte dello ‘scheletro’ interno dei neuroni. In caso di danno o morte delle cellule nervose, Nfl fuoriesce nel liquido cerebrospinale che avvolge cervello e midollo spinale, passando poi nel sangue. Lo studio di oltre 400 persone (di cui 247 portatori dei geni dell’Alzheimer precoce e 162 familiari sani) ha dimostrato che l’aumento della proteina Nfl nel sangue rispecchia in modo preciso il danno cerebrale, consentendo di prevedere la sua evoluzione nel tempo: nello studio “siamo stati in grado di prevedere la perdita di massa del cervello e i deficit cognitivi che si sono poi verificati due anni più tardi”, spiega il ricercatore Mathias Jucker del Dzne.
Questo marcatore del danno cerebrale “potrebbe essere facilmente inserito nei test di screening usati in neurologia”, sottolinea il radiologo Brian Gordon dell’Università di Washington. “Lo abbiamo validato in malati di Alzheimer perché sappiamo che il loro cervello va incontro a una forte neurodegenerazione, ma questo marcatore non è specifico: alti livelli nel sangue potrebbero essere la spia di molte malattie neurologiche e traumi”.

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