Pertini, Giovanni Paolo II, Gorbaciov, la scrittura di “La scomparsa di Majorana” di Sciascia, e il Supermondo, cosa hanno in comune? Due parole, o meglio un nome e un cognome: Antonino Zichichi. Il fisico siciliano, 90 anni e scoperte scientifiche a dozzine, si racconta – in un’intervista al Corriere della Sera – dal suo disordinato ufficio al Cern di Ginevra. Da lì dirige gli studi sul Supermondo: ”È la mia scommessa. Quando e se riuscirò a trovarlo dimostrerò che il mondo ha molte più dimensioni di quelle a noi familiari. E renderò l’estremo omaggio a Galileo Galilei”. Quella del Supermondo è una teoria di Zichichi, secondo la quale – semplificando molto – le quattro dimensioni (tre spaziali, una temporale) che percepiamo come esseri umani sono le uniche quattro che si sono “espanse” su un totale di 43.
La scoperta del Supermondo sarebbe in onore di Galilei, che il fisico di Trapani considera l’anello di congiunzione tra scienza e fede (“La sua umiltà lo portava a pensare che le leggi della natura sono le impronte di chi ha creato tutto questo”). Un po’ come lo è stato lui, con le dovute proporzioni, quando ha fatto diventare amici Sandro Pertini e Karol Woijtila:
“Io all’epoca stavo riabilitando Galilei. Pertini mi telefonò e disse: “Ma il nuovo Papa lo sa che lei ha un amico ateo?”. Io riferii al Pontefice, che rispose: “Pertini la fede ce l’ha negli occhi”. E tra di loro nacque un legame fatto di lealtà, discussione, reciproca comprensione”.
Non solo avvicinò un socialista ateo a un pontefice anticomunista, ma più volte si adoperò per distendere gli animi tra le due superpotenze della Guerra Fredda, Usa e Urss:
“E secondo lei chi fece incontrare i rispettivi consiglieri scientifici di Reagan e Gorbaciov per scongiurare un’escalation nucleare? Tra scienziati veri ci si conosce, ci si stima, altro che quelli che blaterano di scienza senza aver scoperto nulla. Alzai il telefono e chiamai il sovietico Yevgeni Velikov, poi feci lo stesso con l’americano Edward Teller. Ma vuole che le racconti di quella volta che lo stesso Gorbaciov mi mandò un aereo a Ginevra?”
Un aereo con cui il leader sovietico non voleva rapire Zichichi, tutt’altro:
“Mi portò a Mosca in gran segreto e mi chiese di fare da tramite con la comunità scientifica americana per prepararla a un importante discorso che avrebbe tenuto e per smussare le controversie e le diffidenze. Da Mosca volai in California, incontrai Teller e gli dissi: “Quando parlerà Gorbaciov tu non dirai bau”. Fu così”
E non fu l’unica volta:
“Eravamo seduti su una polveriera, ma ci rendiamo conto? L’Unione Sovietica dava i numeri ufficiali delle bombe nucleari in suo possesso ma Teller mi diceva: “Nino, secondo me ne hanno il doppio”. Così, a Erice, nell’Ettore Majorana Foundation and International Centre for Scientific Culture che ho fondato, li presi tutti e due, Teller e Velikov, e dissi loro: ‘Ma siete matti? Qui saltiamo tutti’. Velikov fece allora delle dichiarazioni distensive importanti e se ne andò dicendo: ‘Nino, speriamo che non mi mandino in Siberia per causa tua’”.
Zichichi, oltre a contribuire alla scienza e alla pace nel mondo, ha messo lo zampino anche nella storia della letteratura:
“Ho avuto un ruolo nel libro che ne ricavò Leonardo Sciascia. Lo scrittore venne da noi, a Erice, perché voleva indagare i rapporti tra Fermi e Majorana. Poi, dopo aver assistito alle nostre conferenze, decise di scrivere La scomparsa di Majorana. E andandosene mi disse: ‘Lui era un genio, se ha deciso di far perdere le sue tracce nessuno lo troverà mai’”. Secondo me si è rifugiato in un convento. Io ho conosciuto il suo confessore, il vescovo Ricceri, il quale mi confermò che aveva avuto delle crisi mistiche. Altro che Argentina”.
Un “professor Zelig”, sempre presente dove passa la storia:
“Tra scienziati veri ci si capisce e ci si cerca. Del resto se in Italia in tanti mi hanno sempre osteggiato è perché io la carriera l’ho fatta praticamente sempre e solo all’estero”.