Arriva dal Giappone l’ultima presunta promessa farmacologica per contrastare il coronovirus: l’antinfluenzale Avigan* (favipiravir), già usato in Cina nel trattamento di pazienti contagiati. La sua effettiva validità, però, divide gli esperti.
“Non esistono evidenze scientifiche in merito”, ha chiarito il virologo Roberto Burioni, che già aveva sottolineato in un tweet di non fidarsi di alcuni annunci che arrivano dall’estero. “Il farmaco russo, il preparato giapponese, la vitamina C, la pericolosità dell’ibuprofen, i proclami sugli Ace inibitori che i somari scrivono Eca – scriveva l’esperto – hanno una cosa in comune: sono tutte scemenze. Le novità vi arriveranno dalle autorità sanitarie, non dai social o da YouTube”.
Le autorità cinesi alcuni giorni fa sostenevano che il farmaco nipponico, sviluppato dalla Fujifilm Toyama Chemical, si è dimostrato efficace nel trattamento di pazienti contagiati dal coronavirus. Il prodotto, ha riportato il ‘Guardian’, sarebbe stato utilizzato con successo nel trattamento di 340 pazienti tra Wuhan e Shenzhen. I pazienti a cui è stato somministrato il farmaco sarebbero risultati negativi, in media, a 4 giorni dalla positività. L’emittente Nhk ha riferito che i pazienti non trattati, invece, avrebbero impiegato 11 giorni per arrivare allo stesso risultato. Inoltre, le radiografie avrebbero confermato miglioramenti nelle condizioni polmonari del 91% dei pazienti a cui è stato somministrato il farmaco. La percentuale scende al 62% se si considera chi non ha ricevuto Avigan. Nessun commento ufficiale, al momento, dalla Fujifilm Toyama Chemical.
Argomenti: covid-19