Non solo goccioline di tosse e starnuti. Il coronavirus viaggia nell’aria anche con il semplice respiro. Il virus SarsCov2 è stato trovato in campioni d’aria raccolti a oltre 1,8 metri distanza tra due pazienti. Lo scrive l’Accademia Nazionale delle Scienze degli Stati Uniti in una lettera al capo delle politiche scientifiche della Casa Bianca, inserendosi in un dibattito che va avanti da tempo.
Finora si riteneva come prima fonte di contagio le goccioline emesse con tosse e starnuti con un diametro superiore a 1 millimetro. Ma se il coronavirus può rimanere sospeso nelle particelle ultrafini prodotte col respiro, la protezione diventa molto più difficile e si rafforza la tesi che tutte le persone dovrebbero indossare le mascherine in pubblico per ridurre la trasmissione del virus da persone asintomatiche.
Nella sua lettera Harvey Fineberg, capo della commissione permanente sulle malattie infettive permanenti dell’Accademia di scienze americana, fa riferimento ad uno studio dell’università del Nebraska condotto dal gruppo di Joshua Santarpia in 11 stanze di isolamento, dove erano ricoverati pazienti con Covid-19, in cui sono stati trovati campioni dell’Rna del virus a oltre 1,8 metri dai pazienti. Nel documento Fineberg cita anche studi condotti a Hong Kong agli inizi degli anni 2000, dopo l’epidemia di Sars, che sostenevano questa tesi, e uno più recente, sempre dell’università di Hong Kong ma non ancora validato dalla comunità scientifica, in cui è stata riscontrata la presenza coronavirus, virus dell’influenza e rhinovirus sia nel respiro che le goccioline di bambini e adulti.
Il dibattito su questo tema è quindi molto acceso e si è animato soprattutto dopo lo studio pubblicato agli inizi di marzo sul New England Journal of Medicine, in cui si sostiene che il virus SARSCoV2 può sopravvivere fino a tre ore nell’aria e nelle goccioline di saliva, e rimanere infettivo. Un altro studio sull’argomento, citato anche nella lettera, è quello condotto dall’università di Wuhan in cui si è scoperto che il virus può essere risospeso nell’aria quando l’operatore sanitario si toglie la mascherina Ppe, pulisce il pavimento o si muove attraverso arie infette. Tutti insieme questi elementi, conclude la lettera, “indicano la possibilità di trasmissione del virus sia attraverso le goccioline che il respiro”, anche se non tutti gli esperti sono d’accordo.
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