Lo studio: "I cardiopatici più vulnerabili al Covid-19"
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Lo studio: "I cardiopatici più vulnerabili al Covid-19"

Dal confronto tra pazienti con e senza cardiopatia è emersa la maggiore incidenza di complicanze e soprattutto la maggiore mortalità dei cardiopatici

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30 Aprile 2020 - 16.26


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Uno studio bresciano in pubblicazione sull’European Heart Journal rileva che il Covid-19 colpisce con maggiore intensità chi ha un cuore già provato. Dal confronto tra pazienti con e senza cardiopatia è emersa la maggiore incidenza di complicanze e soprattutto la maggiore mortalità dei cardiopatici: 36% contro il 15% di chi non ha problemi cardiaci, una percentuale più che doppia.
Nello studio Marco Metra dell’università degli Studi di Brescia, direttore dell’Unità di cardiologia dell’Asst Spedali Civili, e colleghi descrivono per la prima volta i dati demografici, le caratteristiche cliniche e la prognosi dei pazienti Covid-19 cardiopatici e confronta questi dati con quelli di pazienti senza malattia cardiaca concomitante, spiegano dall’ateneo. Tutti i pazienti protagonisti della ricerca sono stati ricoverati per polmonite da Covid-19 tra il 4 e il 25 marzo, nei giorni più intensi dell’emergenza coronavirus.
“La nostra analisi – dice Metra, che è coordinatore dello studio – ha mostrato che i pazienti Covid-19 con concomitante cardiopatia hanno una prognosi estremamente severa, significativamente peggiore di quella già grave dei non cardiopatici con polmonite da Covid. Cause principali di mortalità sono state la sindrome da distress respiratorio acuto (Ards), eventi tromboembolici, tra cui l’embolia polmonare, e lo shock settico. Gli studi eseguiti su casistiche cinesi avevano già suggerito la maggiore suscettibilità dei cardiopatici e la possibilità di un danno cardiaco in corso d’infezione. In questo studio, per la prima volta, sono descritte sia le caratteristiche cliniche che i fattori di rischio per aumentata mortalità di questi pazienti: età, storia d’insufficienza cardiaca, storia d’insufficienza renale, diabete”. 
Viene anche confermato, prosegue Metra, “il significato prognostico di alcuni parametri laboratoristici quali la creatininemia, la troponina plasmatica, la linfopenia”. La serie dello studio conta 99 pazienti consecutivi con polmonite da Covid-19: 53 pazienti cardiopatici e 46 senza una malattia cardiaca concomitante.
Tra i pazienti cardiopatici coinvolti, il 40% aveva una storia di insufficienza cardiaca, il 36%, una fibrillazione atriale e il 30% una cardiopatia ischemica; 67 anni l’età media con l’81% dei pazienti maschi. Nella casistica totale, durante il ricovero ospedaliero, il 26% dei pazienti è deceduto, il 15% ha avuto eventi tromboembolici, il 19%, una sindrome da distress respiratorio acuto, il 6% uno shock settico. Dal confronto tra pazienti cardiopatici e non, è emersa la mortalità più alta dei pazienti con cardiopatia: 36% contro il 15% dei non cardiopatici con un tasso di eventi tromboembolici e di shock settico anche questi più elevati (23% contro 6%, e 11% contro lo 0%, rispettivamente).
Descrivendo per la prima volta le caratteristiche cliniche e i fattori di rischio per aumentata mortalità dei pazienti cardiopatici, questo studio – sottolineano gli autori – apre la strada alle future ricerche su infezione da Covid-19 e sistema cardiovascolare.

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