L'epidemiologo Lopalco: "Non possiamo dire se la ripartenza andrà bene. Ecco perché"
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L'epidemiologo Lopalco: "Non possiamo dire se la ripartenza andrà bene. Ecco perché"

Il professore ordinario di Igiene all'Università di Pisa: "Impossibile prevedere se tutto sarà davvero sufficiente a scongiurare un'altra ondata"

Pier Luigi Lopalco
Pier Luigi Lopalco
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6 Maggio 2020 - 19.37


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C’è il sole, si torna a passeggiare, anche se con le mascherine, magari il virus non è acquattato dietro l’angolo…Dopo tre giorni di riapertura, vorremmo tutti sapere se va tutto bene, se il rischio di una nuova impennata del Sars-Cov-2 è davvero così alto o tutto andrà bene… “No, non si può sapere”: è la risposta che arriva da Pier Luigi Lopalco, professore ordinario di Igiene all’Università di Pisa. L’epidemiologo, che nella sua Puglia guida la task force contro il coronavirus, spiega anche perché non si può sapere e mette in guardia anche dalle panacee e dai troppi dibattiti scientifici “buttati in caciara”.

 

Prima una buona notazione: “C`è un aumento della mobilità però sembra essere un aumento contenuto e molto ordinato, quindi sono abbastanza confidente che almeno in questa prima fase della riapertura la gente sia abbastanza consapevole dei rischi a cui va incontro. Poi ci sono sempre delle eccezioni, ma nella media sembra che la riapertura sia ordinata, consapevole, con il rispetto dell`uso dei dispositivi di protezione. Dalle testimonianze che sento in giro sembra ci sia una buona consapevolezza, la mia impressione è quella. Anche i sindaci qui in Puglia mi parlano di una ripartenza abbastanza ordinata. Io credo che come esperimento graduale di ripartenza questi primi giorni siano andati bene. Se ci sarà un impatto sulla circolazione del virus però non lo vedremo prima di due settimane”.

 

Ma se questa riapertura si manterrà ordinata si potrebbe non vedere la temuta impennata? “I contatti all’aperto sono dei contatti meno efficienti. Quello che invece preoccupa un po’ di più è la ripresa nelle aziende, negli spazi confinati e chiusi, e lì ovviamente la responsabilità non è soltanto del singolo lavoratore ma anche del datore di lavoro, di chi è responsabile della sicurezza. I protocolli di sicurezza ci sono, bisognerà vedere se verranno rispettati”. Ed “io sono preoccupato questo è fuori discussione qualunque uomo di sanità pubblica è preoccupato per questo ripartenza. Ma posso dire che se una ripartenza avviene con tutte queste caratteristiche di gradualità e consapevolezza, rispetto delle regole è chiaro che il rischio di una ripresa della velocità del virus è più basso”.

“Ma adesso – l’invito è alla cautela – non abbiamo gli elementi per dire che cosa succederà nelle prossime settimane, è impossibile prevedere se tutto sarà davvero sufficiente a scongiurare un`altra ondata: noi non sappiamo quanti contatti efficaci ci saranno tra persone potenzialmente contagiate, non sappiamo di quanto è aumentato il flusso dei movimenti, non possiamo sapere il comportamento che le persone avranno poi in casa con l`aumento della mobilità tra i vari gruppi familiari che ora ci sarà. Ci sono troppi interrogativi. Dobbiamo purtroppo soltanto osservare la situazione e monitorarla attentamente”.

 

E qui entrano in gioco anche i tamponi. L’appello lanciato in primis dal virologo Andrea Crisanti, con Luca Ricolfi, Giuseppe Valditara, e sottoscritto dai professori di Lettera 150 è fare “tamponi di massa”.
E Lopalco, per quanto più parco sul punto in alcune interviste, smussa: “In realtà stiamo dicendo tutti la stessa cosa. Lo slogan tamponi di massa non significa che poi arriva l’esercito e fa i tamponi a tutti quelli che passano, non è quello il principio. Il principio è che bisogna allargare il più possibile la platea di persone da mettere sotto sorveglianza, quindi laddove si ravvisa una possibilità di rischio, laddove c`è inizio di un focolaio bisogna intervenire seriamente, con una buona attività diagnostica, quindi conferma dei casi sospetti. Non ho mai parlato direttamente con Crisanti, ma fa un appello per una diffusione maggiore dell’uso della diagnostica molecolare ed è un appello che tutti accogliamo di buon grado. Adesso in questa fase dell`epidemia sicuramente scovare gli asintomatici sarà importante. Oggi quello che soprattutto bisogna fare è l`attività di contact tracing”. Ovvero uno schema semplice: “Ogni volta che c`è un caso, anche con pochi sintomi, bisogna fare il tampone, poi a tutte le persone che sono entrate in contatto con questo caso, anche se non hanno i sintomi, bisogna fare un tampone”.

 

Altro tema discusso in questi giorni la sperimentazione sul plasma dei guariti, che parte anche in Puglia: “Avevamo avviato la procedure un paio di settimane fa per poter avviare il protocollo. Ci stiamo attrezzando in attesa di partire”. La sperimentazione è portata avanti dallo pneumologo Giuseppe De Donno dell`ospedale Carlo Poma di Mantova con un protocollo messo a punto con il policlinico San Matteo di Pavia. Sperimentazione su cui lo pneumologo punta molto, e su cui, complice anche qualche fake news circolata su Whatsapp, si è accesa una schermaglia a distanza col virologo Roberto Burioni. Quindi le opinioni sembrano divergere, ma “anche qui, in realtà non ci sono cose contrastanti”, sottolinea Lopalco, che il contrasto lo ricompone, così come i facili entusiasmi: “E` una terapia vecchia come il cucco, non c`è niente di innovativo nell`usare il plasma iper-immune. E’ una delle armi per contrastare le infezioni laddove non ci siano altre terapie. Il problema è reperire il plasma iper-immune, quello non è mica uno scherzo. Al momento lo dobbiamo prendere da donatore, quindi bisogna trovare un donatore che abbia le caratteristiche, che abbia gli anticorpi, che gli anticorpi siano della quantità e della qualità giusta. E un donatore può servire a dare due o tre sacche e finisce lì. Quindi non è questo che ci potrà permettere di curare le persone in una eventuale seconda ondata, è un aiuto. Un aiuto importante, una terapia importante ma non è la soluzione, è fuori discussione”. E la diatriba artificiale-naturale? “Quello che dice Burioni è: poiché il plasma da donatori ha una limitata applicabilità, si auspica che venga fatta ricerca, ricerca che possa portare per esempio alla produzione di anticorpi monoclonali che possono colpire il virus, ma è un attività di ricerca, non è che questo si farà domani”.

Quindi nessuna vera diatriba. “Il problema di fondo – sottolinea Lopalco – è che c`è troppa discussione pubblica su questi argomenti, sono argomenti tecnici che dovrebbero essere discussi in ambito scientifico. Non dovrebbero esser discussi né nei talk show né sui giornali perché altrimenti la gente si illude che è arrivata la panacea e non capisce che il rischio invece rimane tale e quale a quello di ieri”.

“La terapia col plasma – ricorda l’epidemiologo – l`hanno usata in Cina, in America, non è una scoperta dell`ultima settimana, i giornali l’hanno scoperta l’ultima settimana. E ancora mancano delle evidenze scientifiche: aspettiamo che le evidenze scientifiche vengano fuori e ci dicano quanto e come funziona. Sono argomenti tecnici e molto delicati, da discutere, bisogna aspettare le prove di efficacia, bisogna ragionare su tanti aspetti. Nel momento in cui diventano argomento di dibattito in televisione o sui giornali si butta tutto in caciara e si fa vedere come se ci fosse una controversia, fra me e Crisanti fra De Donno e Burioni. Alla fine invece non è così. E` un dibattito scientifico. Che va tenuto nell`ambito di quello che è un dibattito scientifico”.
Un dibattito dove una cosa è certa: “La panacea non c`è. La prova? Se esistesse l’avrebbero già adottata in tutto il mondo”.

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