Uno studio del Centro Cardiologico Monzino di Milano dimostra che, nel periodo del lockdown, le regioni italiane che avevano effettuato più vaccini anti-influenzali nella popolazione degli ultra 65enni hanno registrato un minor numero di contagi, di pazienti ricoverati con sintomi e di pazienti in terapia intensiva, così come un minor numero di decessi dovuti al Covid-19.
I dati, appena pubblicati sulla rivista Vaccines, sembrano supportare l’ipotesi che la vaccinazione contro l’influenza possa aiutare a prevenire la diffusione del coronavirus. “Abbiamo stimato – afferma in una nota Mauro Amato, ricercatore del Monzino e primo autore dell’articolo – che un aumento dell′1% della copertura vaccinale negli over 65, che equivale a circa 140.000 dosi a livello nazionale, avrebbe potuto evitare 78.560 contagi, 2.512 ospedalizzazioni, 353 ricoveri in terapie intensive e 1.989 morti per Covid. Sarebbe pertanto importante incentivare il più possibile qualsiasi attività che possa portare ad un aumento della copertura vaccinale soprattutto fra gli ultra 65enni”.
“Il mondo della cardiologia è stato, come gli altri, devastato dall’ondata di Covid-19 e la mancanza di vaccini e farmaci in grado di arginarla ci ha spinto a cercare delle alternative per rispondere all’attacco della pandemia – spiega Damiano Baldassare, coordinatore dello studio, Responsabile dell’Unità per lo Studio della morfologia e della funzione arteriosa del Monzino, e Professore associato del Dipartimento di Biotecnologia Medica e Medicina Traslazionale dell’Università di Milano – In vista di una imminente seconda ondata virale ci siamo concentrati sull’ipotesi, avanzata da diversi scienziati, circa il ruolo del vaccino antiinfluenzale nel ridurre la diffusione di Covid-19”.
Come si legge nell’articolo, i virus dell’influenza e il Sars-CoV-2 hanno vie di trasmissione simili e alcuni sintomi in comune, ma sono molto diversi per la mortalità e per i gruppi di età colpiti. L’influenza infatti contagia soprattutto bambini e adolescenti, il Covid-19 invece colpisce i soggetti più anziani. Una possibile spiegazione potrebbe essere che i più giovani hanno un sistema immunitario più reattivo e rafforzato dall’esposizione agli agenti virali o agli antigeni contenuti in molti vaccini pediatrici (anti morbillo, varicella, scarlattina, rosolia, epatite B, papilloma virus) che possono migliorare la risposta immunitaria.
“Nel nostro studio – conclude Amato – abbiamo confrontato, regione per regione, i tassi di copertura vaccinale negli over 65 con il numero di contagi e altri 3 indici di severità clinica della malattia: il numero di ospedalizzazioni per Covid-19, il numero di soggetti ricoverati in terapia intensiva e il numero di soggetti deceduti per l’infezione. Tutte le analisi hanno confermato che i tassi di diffusione e la gravità del virus Sars-CoV-2 sono inversamente proporzionali al tasso di vaccinazione antiinfluenzale: meno vaccini, più Covid-19”.
Ma per due persone su tre manca il vaccino antinfluenzale nelle farmacie. È quanto emerge dall’analisi della Fondazione Gimbe, presieduta da Nino Cartabellotta. Partendo dal presupposto che, “per evitare di sovraccaricare pronto soccorso e ospedali, in questa fase di convivenza con il coronavirus “è indispensabile vaccinare contro l’influenza anche la popolazione generale, in particolare i milioni di lavoratori a cui è affidata la ripresa economica del Parse”, si dimostra che “la maggior parte delle Regioni non dispone di scorte adeguate a soddisfare tale domanda”.
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