Tutti pensano che il virus sia più gentile e che i rischi siano pochi. Non è così: perché le persone più fragili, più anziane e con altre patologie se contagiate rischiano esattamente come a marzo, anche se hanno (per ora) il vantaggio di essere curate con più celerità rispetto ai mesi tragici, quando i medici si sono di fatto trovati a scegliere chi salvare e chi lasciare al proprio destino.
“Voglio ricordare una cosa rilevante: le persone in terapia intensiva” per Covid-19 “in Lombardia hanno” oggi “un’età media 10 anni inferiore a quella che avevamo nella tempesta di marzo, cioè intorno ai 60 anni. Ma la mortalità continua a rimanere alta”.
Lo sottolinea Alberto Mantovani, direttore scientifico dell’Istituto clinico Humanitas di Rozzano (Milano) e docente di Humanitas University, intervenuto ad ‘Agorà’ su Rai3.
Guardando ai numeri dei ricoveri, “in questo momento la situazione da noi è tranquilla – riferisce l’immunologo – Antonio Voza”, responsabile della Medicina d’urgenza di Humanitas, “dice che abbiamo 10 persone e nessuno in terapia intensiva o sub-intensiva. Antonio Pesenti, che guida la rete lombarda delle terapie intensive”, e “il nostro Maurizio Cecconi” primario di Rianimazione Humanitas, “mi dicono che ci sono 44 persone in terapia intensiva (48 dall’ultimo bollettino diffuso ieri dalla Regione, ndr)”.
Grazie al “lavoro che abbiamo fatto e che continuiamo, facciamo diagnosi prima, curiamo prima e quindi meno persone arrivano in terapia intensiva. E comunque siamo pronti”, assicura Mantovani: “Come altre strutture abbiamo creato un Emergency Hospital – ricorda – proprio per essere preparati a fronteggiare un’eventuale nuova situazione critica”.
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