Galli sulla seconda ondata Covid: "Con tristezza devo chiedere ai milanesi di restare a casa"
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Galli sulla seconda ondata Covid: "Con tristezza devo chiedere ai milanesi di restare a casa"

L’infettivologo dell’ospedale Sacco di Milano sulla crescita dei contagi: “La situazione sta sfuggendo di controllo”

Massimo Galli direttore del reparto malattie infettive dell'Ospedale Sacco di Milano
Massimo Galli direttore del reparto malattie infettive dell'Ospedale Sacco di Milano
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23 Ottobre 2020 - 08.19


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La situazione non è più sotto controllo: “Ora dobbiamo stare terribilmente attenti, con profondo senso di scoramento e tristezza mi tocca dire, in particolare ai cittadini milanesi, che adesso è meglio stare in casa e avere il minimo possibile di relazioni esterne, piuttosto che andare a correre dei rischi. Autolockdown? Non è un termine che mi piace, ma consapevolezza e cautela sì, per chi vive in tutta Italia e nelle concentrazioni metropolitane in particolare”.
A sottolinearlo è stato l’infettivologo dell’ospedale Sacco Massimo Galli, intervenendo  alla presentazione dello studio epidemiologico di massa in partenza a San Pellegrino Terme, in provincia di Bergamo, per fotografare la circolazione che ha avuto Sars-CoV-2 nell’area.
“Sono preoccupato per Milano e le grandi città. Il lockdown ci ha aveva salvati come il gong alla fine di un round salva il pugile già un po’ suonato”, dice l’esperto. L’ordine di restare in casa aveva evitato che fosse colpita la metropoli lombarda. Poi “l’estate ha avuto effetti non favorevoli. Siamo in una città metropolitana, la gente che si muove, le vacanze. C’è stato un rimescolamento di carte in Lombardia dove il virus non ha mai cessato di esistere anche in maniera significativa e forse è stato ulteriormente rimpolpato da ulteriori introduzioni. Il risultato è che ora dobbiamo stare attenti”, osserva.
E “se Milano non ride, non ridono nemmeno Napoli, Roma e altre grandi città, soprattutto considerando che erano state più risparmiate” dalla prima ondata di Covid-19 “e hanno molta meno gente immune, anche rispetto a Milano con quel suo 7% di prevalenza”, evidenzia. Come mostrano i dati rilevati per esempio dagli esperti nel comune di Carpiano, in provincia di Milano, (dove dopo la maxi chiusura decisa per l’Italia “l’infezione non c’era più”, dice Galli), “il lockdown è stato formidabile, pur essendo stato terribile per le persone, nel bloccare il virus. In estate ci siamo dispersi gran parte del patrimonio costosissimo e faticosissimo accumulato”.
Galli sottolinea come non si sia “francamente ancora capito perché il virus sia arrivato prima nel Lodigiano, nel Cremonese, nella Bergamasca e abbia risparmiato in parte Milano” nella prima emergenza, “considerata la densità di popolazione”.
Certo è che, conclude, “una delle cose più angoscianti è sapere che saremo costretti a ridimensionare gli interventi e le prestazioni per altre patologie, e sta gi già capitando nel mio ospedale e in tanti altri di Milano. Covid si prende gli ospedali e ci costringe a ridimensionare” l’attività per gli altri malati.

La battaglia di Milano

Mentre sui colleghi riscuotevano consensi facili parlando di virus clinicamente inesistente e altri davano più o meno velatamente del terrorista a chi si raccomandava il rispetto delle regole nei mesi della movida pazza e del libera tutti, c’era chi non aveva dimenticato che il virus circolava a avrebbe potuto riprendere a galoppare.
“Quella che stiamo per vivere è la battaglia di Milano”. Così Massimo Galli, infettivologo dell’ospedale Sacco di Milano, sulle pagine del Corriere della Sera.

“A marzo ero preoccupato succedesse quello che viviamo oggi, poi ci salvò il lockdown: dobbiamo invertire la tendenza entro 15-20 giorni per evitare interventi più drastici”, ha detto ancora il direttore delle Malattie infettive dell’ospedale Sacco.
“Quindi servono misure stringenti. Altrimenti la situazione sfuggirà di controllo e, anzi, sta già sfuggendo”

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