Crisanti sul Covid: "Ora il tracciamento è un Far West, serve un sistema unico nazionale"
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Crisanti sul Covid: "Ora il tracciamento è un Far West, serve un sistema unico nazionale"

Il microbiologo: "Bisogna cambiare approccio perché il contact tracing classico non funziona e passare am network testing, ossia considerare lo spazio entro cui una persona vive"

Andrea Crisanti
Andrea Crisanti
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Chiara D'Ambros Modifica articolo

6 Novembre 2020 - 10.03


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Il sistema di tracciamento è saltato e si cerca di recuperare con questa nuova stretta differenziata per regione. Quali sono a suo avviso punti di forza e criticità in questo piano?

Io ho visto questi criteri. Molti di questi 21 criteri sono legati alla capacità di tracciamento. Se la capacità di tracciamento è saltata non capisco come siano stati utilizzati. Lo dico sinceramente. In più ci sono dei criteri come i posti in rianimazione e i posti letto Covid che di fatto creano un effetto paradosso distorsivo. Le faccio un esempio. Se due regioni hanno lo stesso numero di abitanti e hanno lo stesso indice di trasmissione virale ma una ha meno posti in rianimazione e l’altra ne ha di più, succede che quella che ha meno posti entra in lock down prima dell’altra, quindi ottiene l’effetto di diminuire il numero dei casi e dei morti. Viceversa quella che ha più posti in reanimazione rimane in zona gialla, o non so che colore, e di fatto più persone vanno in rianimazione e più persone muoiono. Capisce l’effetto distorsivo di questo? Sembra una cosa fatta bene ma non è una cosa fatta bene. Di fatto, più una regione ha capacità di supporto sanitario e più ritarda la chiusura e quindi aumenta il rischio per i propri abitanti. Quindi, io non sono in grado di giudicare questi criteri, quindi sarebbe utile che ci fosse un po’ di trasparenza per tutti, per sapere quanto pesano e poi, ripeto, molti sono basati su attività di tracciamento.

Per esempio?

Per esempio il primo: “Numero di casi sintomatici per mese”. Ci sono alcune regioni che mettono come casi sintomatici quelli ricoverati o in terapia intensiva, e quelli a casa? Oppure “tempo di data di inizio di diagnosi e data di isolamento” è tutta roba che non fa più nessuno.

Tra l’altro richiede una quantità di forze sanitarie imponente che forse non abbiamo a disposizione in un contesto in cui c’è carenza di personale ordinario.

Ma mi faccia capire, se non c’è il contact tracing di base, come fanno a riempire questa cosa qui. Ma come fanno.

Per poter recuperare il tracciamento e quindi il monitoraggio che permette di evitare le chiusure, cosa si dovrebbe fare?

Si dovrebbe riportare i casi ad un numero gestibile e non credo che l’Italia sia in grado di gestire più di un migliaio di casi al giorno.

Quale sistema di tracciamento, cosa può funzionare? Rendere più efficiente una app..

No guardi, bisogna cambiare completamente approccio. Perché l’approccio che abbiamo è basato su un contact tracing classico e il contact tracing classico non funziona di fatto. Bisogna cambiare il tipo di approccio e l’approccio che funziona è quello usato, o meglio, una variante di quello usato nei paesi Asiatici, dove sono riusciti a bloccare la trasmissione del virus. Ed è un approccio basato su quello che si chiama “Network testing”, cioè si considera che ogni persona vive in una sfera, in uno spazio tridimensionale di interazioni che si articola in vario modo, la scuola, i parenti, i vicini di casa, con interazioni sia orizzontali che verticali, le catene di trasmissione stanno all’interno di questo spazio. Quindi non c’è bisogno di chiedere niente a nessuno, nè di identificare le persone, anche perché le persone interrogate o non ricordano o sono reticenti. Quindi di fatto se una persone si infetta la cosa da fare è testare parenti, amici e colleghi di lavoro, chi stato in quella sfera di cui sopra. Guardi cosa hanno fatto in Cina, per pochi casi hanno milioni di tamponi. Diciamo che hanno interpretato questa sfera di interazioni in maniera un po’ allargata diciamo, poco praticabile altrove ma sicuramente c’è una via di mezzo.

Da noi invece c’è una regione come la Lombardia che ora sembra non tracciare più chi è venuto a contatto con un positivo, ma di nuovo, come nella primavera scorsa, solo sintomatici.

Se succede veramente questo mi dica come fanno a calcolare l’RT. Come si fa a calcolare se una regione è a rischio o meno. Mi ha un po’ stupito questa cosa, le dico la verità.

In questi giorni inoltre è stato riportato che lei abbia rilevato la criticità del fatto che alcune regioni possano alterare i dati.

Guardi sono stato frainteso. Io ho detto che i dati non sono controllabili. Che è una cosa diversa. Nessuno controlla i dati, nessuno controlla come vengono raccolti, e non c’è trasparenza su come vengano pesati e messi in relazione tra loro, calcolati. Tutto qui. Se non c’è trasparenza esiste lo spazio per errori ma per imprecisioni, non si possono fare controverifiche incrociate e quindi questo lascia spazio ad errori, imprecisioni, non intendevo in malafede, ma sicuramente non è un sistema trasparente.

La non trasparenza da cosa può essere dovuta secondo lei?

Non c’è chiarezza su come il governo persa questi parametri, cioè la formula. Cioè, c’è una formula e il risultato di questa formula è gialla, arancione o rossa.

Altra cosa, come fa lo Stato a controllare che questi parametri siano corretti se le Regioni faticano a tracciare. In più c’è il problema della capienza degli ospedali che crea un effetto distorsivo, come dicevo.

Perché è una cosa indipendente dall’epidemia?

Certo. Io penso che i parametri più corretti sarebbero la densità della popolazione e la percentuale di casi infetti, di tamponi positivi. Faccio un esempio, una Regione che ha una densità di popolazione bassa e quindi teoricamente non dovrebbe favorire la trasmissione ma allo stesso tempo ha una percentuale di tamponi positivi elevata, vuol dire due cose: o che non fai abbastanza tamponi, o che non sei in grado di contenere l’epidemia, anche se sei in una situazione favorevole.

Come sistema di tracciamento attualmente ci sono tamponi molecolari o antigenici.

Guardi anche qui dipende da regione a regione. E’ un far west.

Ci vorrebbe un metodo omogeneo? Almeno quello?

Si ci vorrebbe un sistema Nazionale unico, l’ho detto più volte. il tracciamento è uno dei pilastri del contenimento dell’infezione non può essere lasciato ai singoli.

I test che lei proponeva, anche a basso costo, potrebbero ancora essere utilizzati, oggi?

Certo. Io penso a maggior ragione avrebbero senso oggi. La situazione di oggi documenta quanto erano urgenti allora, se erano urgenti allora sono ancora più urgenti adesso se, dopo questo lock down, ci ritroviamo in una situazione in cui non sappiamo cosa fare.

Quel tipo di test potevano essere fatti anche in casa? Quanto costano?

No, no sono tutti test molecolari. Test fatti in casa in una epidemia non si possono fare i test in casa perché salta tutta la tracciabilità e se salta la tracciabilità salta tutto come stiamo vedendo.

Sono test fatti in laboratorio, si deve fare un investimento per creare questi laboratori, per attrezzarli e creare una rete informatica accanto e tutta la logistica là dove serve, ma si può fare.

Costerebbero meno?

I reagenti, questi teste noi facciamo a Padova costano circa 2,5 euro l’uno solo di reagenti. Non esiste nulla che abbia questo tipo di affidabilità e questo tipo di costo.

 

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