Qualcuno sottovaluta e non dice fino in fondo la verità: “Non c’è nessuno tono scandalistico o accusa di trucchi nei confronti di alcune Regioni se diciamo che il numero dei letti di terapia intensiva in più non corrispondono a quelli sbandierati. Al massimo dalla quota pre-pandemia di 5mila letti in terapia intensiva saremo arrivati a 8mila, quindi 3mila in più. Abbiamo forti dubbi quando vediamo inseriti posti letto che vorrebbero rassomigliare ad una terapia intensiva ma sono diversi gradini sotto. Mettere un ventilatore e un monitor accanto a un letto non basta”.
Lo sottolinea Alessandro Vergallo, presidente nazionale Aaroi-Emac, il sindacato dei medici di Anestesia e rianimazione, facendo il punto sulla situazione delle terapie intensive in Italia e sul caso Sicilia, dove un dirigente della Regione avrebbe suggerito di aprire nuovi posti letto per non finire in zona rossa.
“Siamo in grado di testimoniare grazie ai nostri colleghi che lavorano negli ospedali di tutte le Regioni che i posti letto sono stati aumentati ma in alcuni casi – precisa Vergallo – si è cercato di farli rassomigliare a quelli di terapia intensiva ma è chiaro che non ci rientrano. Faccio qualche esempio: i letti di terapia intensiva post operatoria (Tipo), hanno qualcosina in meno rispetto alle rianimazioni; le ‘recovery room’, le zone adiacenti alle sale operatorie sono dei posti ma sono un gradino sotto le terapie intensive. Abbiamo anche la sensazione che vengano inseriti o implementati i letti di sala operatoria che normalmente sono destinati alla chirurgia”.
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