Carlo Federico Perno è direttore di Microbiologia dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, ma negli anni ’80 lavorava negli Stati Uniti ed è stato testimone dell’epidemia di Aids/Hiv. Come racconta, in occasione della giornata mondiale per la prevenzione (1 dicembre), “Stavo in un reparto in cui tutte le sere si andava via e la mattina dopo si trovavano un paio di letti vuoti, e non perché i pazienti erano usciti con le loro gambe”. Quell’esperienza lo ha “toccato profondamente” e oggi spinge lo specialista ad avere uno sguardo positivo verso le mete raggiunte dalla lotta all’Aids: “Abbiamo vinto una grande battaglia, non la guerra”.
Oggi la malattia è passata da “letale a cronica, perché va detto: non si guarisce. L’infezione viene controllata. Ci muoviamo su due piani diversi: grazie ai farmaci e al sistema pubblico-privato messo in piedi, oggi si garantisce una vita normale a chi ha il virus dell’Hiv e si comincia a parlare di persone, non più di pazienti, ma non abbiamo guarito nessuno. Quindi tutti dovranno essere trattati con antivirali a vita. Il bello è di gran lunga superiore al brutto” in questa vicenda “però ci dobbiamo ricordare che la battaglia è vinta e la guerra ancora no”.
C’è poi il nodo diagnosi tardive: “Le persone non si rendono conto di aver avuto comportamenti a rischio, che sono principalmente i soliti comportamenti sessuali, e non vanno a farsi controllare. Il virus dà un’infezione che è asintomatica per anni e spesso capita che i contagiati si presentino alla diagnosi solo quando i sintomi sono già presenti, e avendo già infettato qualcun altro nel frattempo. Su questo c’è molto da lavorare”, sottolinea l’esperto. Cosa ci riserva la scienza per il futuro? “Farmaci sempre migliori, regimi terapeutici che si riducono a una volta al mese migliorando la qualità di vita, e ancora una volta guardiamo magari a un vaccino, anche se questa è la sfida più difficile”. Un sogno che non è tramontato.
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