Il patologo Abrignani: "La variante inglese c'è da tempo, farà più malati e quindi più morti"
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Il patologo Abrignani: "La variante inglese c'è da tempo, farà più malati e quindi più morti"

L'ordinario di Patologia generale all'università degli Studi di Milano: "La gravità della malattia non cambia e neanche la letalità. Quindi non dà più morti in rapporto. Ma ci saranno molti più casi"

Sergio Abrignani, ordinario di Patologia generale all'università degli Studi di Milano
Sergio Abrignani, ordinario di Patologia generale all'università degli Studi di Milano
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22 Dicembre 2020 - 18.04


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Troppo allarmismo anche se, purtroppo, gli effetti negativi della variante già ci sono: “Noi siamo spaventati da questo virus e quindi qualsiasi cosa faccia di diverso da ciò che ci aspettiamo, ci terrorizza. Poi sulla variante inglese c’è stata l’isteria che è scattata quando gli inglesi hanno scoperto che si trasmette più rapidamente. Dopo i bagordi che si stavano già verificando a Londra e in giro per il Paese hanno imposto il lockdown. A quel punto, prima la Francia e poi l’Italia hanno chiuso i confini, tutta l’Europa è andata in apprensione. Ma questa variante starà girando già da tempo” nel Vecchio Continente. Io sono convinto che ci saranno tanti casi nel mondo e che in Europa sia già abbondantemente circolante”.
E’ l’analisi di Sergio Abrignani, ordinario di Patologia generale all’università degli Studi di Milano.
L’esperto guarda alle informazioni disponibili per la nuova variante Gb del coronavirus Sars-CoV-2, che secondo un’analisi retrospettiva sarebbe già stata presente a settembre nel Kent, Sud-Est dell’Inghilterra, e ritiene “non plausibile” che non si sia già ampiamente diffusa.
“Sembra che questo virus abbia caratteristiche per cui supera meglio la barriera del muco che si trova sulla superficie delle cellule epiteliali delle vie aeree. E’ credibile che sia così: se il virus infetta di più vuol dire che ha un vantaggio competitivo”, sostiene.
Ma gli inglesi, prosegue l’esperto, “ci dicono anche che hanno osservato che la severità della malattia non cambia e neanche la letalità. Quindi non dà più morti in rapporto. Però infettando di più in un’unità di tempo, fa più malati e quindi di conseguenza questo ha impatto anche sui decessi. C’è dunque questo insieme di mutazioni di cui alcune sono nella spike del virus che secondo quanto detto finora non dovrebbero avere impatto sulla capacità di protezione del vaccino. Probabilmente si è già cominciato a saggiare il siero dei vaccinati. Il panico è scattato quando gli inglesi si sono resi conto della capacità della variante di diffondersi rapidamente. Il messaggio è che il virus ha fatto il mestiere di virus e ha mutato”, conclude.

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