L'infettivologo Cassone: "Contro le varianti il lockdown non basta, servono vaccinazioni e tracciamento"
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L'infettivologo Cassone: "Contro le varianti il lockdown non basta, servono vaccinazioni e tracciamento"

Lo studioso componente dell'American Academy of Microbiology: "Oggi se si dovesse scegliere per un serrata nazionale dovrebbe essere di almeno 3 settimane per poter funzionare"

L'infettivologo Antonio Cassone
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16 Febbraio 2021 - 18.05


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Per prevenire la possibilità di diffusione delle varianti Sars-Cov-2 “si devono vaccinare nel più breve tempo possibile milioni di italiani. Se c’è circolazione del virus e chiudi con un lockdown, ma non stai vaccinando con grandi numeri come sta accadendo in Italia, dove siamo in ritardo, è chiaro che si rischia di promuovere le mutazioni alla riapertura dopo il lockdown e non controllarne la diffusione”. 
Lo ha detto Antonio Cassone, componente dell’American Academy of Microbiology. “Se invece fai una serrata e ti concentri sulle immunizzazioni, puoi bloccare le mutazioni del virus”, prosegue.
“Oggi se si dovesse scegliere per un serrata nazionale dovrebbe essere di almeno 3 settimane per poter funzionare, ma va assolutamente collegata a strategie da mettere in campo quando finisce: una su tutte il tracciamento dei casi che dopo 3 settimane saranno scesi a poche migliaia al giorno”, avverte Cassone.
Contro le varianti Sars-CoV-2 “vanno applicate, a livello individuale, le misure che già conosciamo: mascherine, igiene delle mani e distanziamento. Sappiamo – osserva – come ha accertato il report dell’Iss, che la variante inglese è oggi la più trasmissibile rispetto a quella dominate in italiana. E’ chiaro – avverte l’ex direttore del dipartimento di Malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità – che se uno vuole essere molto rigido, un lockdown nazionale o una zona rossa multiregionale avrebbero la forza per frenare la diffusione e la trasmissione del virus. Il problema è che queste misure vengono sostenute dai tecnici, ma contrastano con le attività commerciali già messe in serie difficoltà dopo un anno di pandemia”. 
“Il Cts ha preso la strada di fare zone rosse mirate dove c’è più diffusione della variante inglese – prosegue Cassone – questa scelta rispetta il criterio della moderazione e della convivenza con il virus per non mettere in difficoltà le attività economiche. Ora è chiaro che se la variante inglese o le altre che stanno emergendo man mano che vengono analizzate, sembra possibile se non probabile (ma non abbiamo la certezza) che siano anche più letali oltre che contagiose, se fosse così non avremmo altra scelta che optare per il lockdown per evitare un aumento dei decessi e del carico di ospedalizzazioni. Ma siamo ancora nelle ipotesi perché servono più studi per confermare la pericolosità delle varianti anche in ottica vaccini”.
I 21 parametri e l’algoritmo che sforna ogni settimana i colori delle Regioni rappresentano “una strategia intrinsecamente collegata al concetto della condivisione con il virus – rimarca Cassone – dove il giallo equivale alla convivenza, arancione qualche limitazione e rosso chiusura. Poi c’era anche la zona bianca ma in questo momento possiamo scordarcela. Una strategia che oggi va rivista alla luce della diffusione della variante inglese e che deve poter tenere in considerazione anche un lockdown nazionale o esteso a più regioni”.

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