Il virologo Silvestri: "Ci sono cocktail monoclonali contro le varianti, vanno usati"
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Il virologo Silvestri: "Ci sono cocktail monoclonali contro le varianti, vanno usati"

Il docente alla Emory University di Atlanta: "Lavorare affinché si continui ad adottare la terapia precoce con che rappresenta al momento l'unica opzione"

Silvestri
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17 Aprile 2021 - 17.37


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Tutte le strade devono essere battute per curare quante più persone possibili.

Oltre alla rapidità con cui devono essere somministrati più vaccini possibili, gli anticorpi monoclonali devono essere l’arma in più da sfruttare, come sottolinea il virologo Guido Silvestri, docente alla Emory University di Atlanta.

“Con i cocktail ormai pienamente disponibili e meglio capaci di bloccare le varianti sudafricana e brasiliana, dobbiamo continuare a lavorare tutti quanti affinché si continui ad adottare sempre più la terapia precoce con anticorpi monoclonali, che rappresentano al momento l’unica opzione di promettente efficacia nel prevenire la progressione verso Covid severo in pazienti a rischio trattati nei primi giorni dei sintomi, oltre ad essere praticamente priva di effetti collaterali”, scrive su Facebook.

“Il re va in pensione, viva il re! Con una stima di 400.000 pazienti trattati e 10.000 morti di Covid evitate negli Usa – scrive Silvestri – il capostipite degli anticorpi monoclonali contro Sars-CoV-2, bamlanivimab (Ly-Cov555), va in pensione ma, badate bene, solamente per l’uso in monoterapia, mentre resta più forte di prima per l’uso come componente del cocktail Eli Lilly (insieme a Ly-Cov016 o etesivamab), oppure come componente del cocktail con l’anticorpo Vir-7831 di Gsk. Allo stesso modo rimane in uso più forte di prima il cocktail di anticorpi della Regeneron (casirivimab + imdevimab)”.

“Qui bisogna spiegare con grande chiarezza – prosegue il virologo – che la decisione della compagnia Eli Lilly di chiedere la revoca dell’autorizzazione all’uso emergenziale del bamlanivimab in monoterapia è legata a due motivi semplicissimi: il primo è che l’anticorpo, se usato da solo, funziona poco contro le varianti sudafricana e brasiliana; il secondo motivo, molto più ovvio ed importante, è che oggi l’altro componente del cocktail, etesivamab, è pienamente disponibile (mentre non lo era sei mesi fa) e quindi non avrebbe senso usare bamlanivimab in monoterapia anche se le varianti brasiliana e sudafricano non fossero mai emerse”.

Guardando al di là dell’oceano, la decisione di Lilly di chiedere la revoca dell’autorizzazione all’uso emergenziale del farmaco in monoterapia vuol dire che “Aifa ha fatto bene a negare la sperimentazione di bamlanivimab proposta nell’ottobre 2020 in Italia? Ma neanche per sogno – afferma secco Silvestri – e chi lo sostiene, se non è in malafede, come presumiamo, compie un errore concettuale gravissimo, spiegabile solo, credetemi, con una assoluta incapacità di comprendere i dati a nostra disposizione, oltre che i fondamenti della virologia e dell’immunologia”.

Secondo Silvestri, infatti, non si può non considerare “il semplice motivo che le varianti sudafricana e brasiliana erano rare se non proprio assenti in Italia nel periodo in cui si sarebbe fatta quella sperimentazione, cioè nell’autunno 2020 (e infatti anche adesso non sono certo maggioritarie). Quindi con tutta probabilità la monoterapia con Bamlanivimab sarebbe stata utile in Italia – rimarca – esattamente come lo è stata nei vari studi clinici fatti negli Usa e già pubblicati e/o postati su MedRxiv e/o in fase di preparazione. Studi da cui si desume una stima di diecimila vite salvate da Bamlanivimab negli Usa durante la fase più drammatica della pandemia. Quindi l’errore compiuto da Aifa nell’ottobre 2020 resta, nella sua assoluta gravità ed inspiegabilità oltre che illogicità, visto che la scusa usata fu quella del bisogno di approvazione Ema – ricorda – in realtà non necessaria”.

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