Qualche giorno fa anche il virologo Burioni si era espresso a favore del pass di immunità, europeo o italiano che sia, per permettere di tornare a viaggiare fra Paesi o Regioni.
“Si al green pass con il 50% della popolazione vaccinata almeno con una dose”, lo dice Roberto Cauda, direttore dell’Unità operativa complessa di Malattie Infettive del policlinico Gemelli di Roma.
“Io sono favorevole – sottolinea – laddove siano risolti quei quesiti giuridici di privacy che non spetta a me valutare né risolvere.
Dico 50% della popolazione non perché me lo sia inventato – chiarisce Cauda – ma perché si è visto sia in Israele sia nel Regno Unito che con la copertura di una dose alla metà della popolazione c’è stata una notevole diminuzione di contagi.
Adesso in Italia se sommiamo i vaccinati a quelli che hanno avuto la malattia, siamo attorno a un terzo della popolazione quindi siamo ancora distanti”.
C’è però più di un elemento di incertezza nel pass. “Seguendo l’orientamento europeo – ricorda Cauda – si dà priorità a tre elementi per ottenerlo che sono rappresentati dalla vaccinazione, dall’aver superato la malattia (perché è acclarato che gli anticorpi dopo la malattia restano per diversi mesi), e dal tampone negativo.
Le prime due condizioni sono condizioni statiche, ovvero non mutano nell’immediatezza mentre il tampone negativo – ricorda – potrebbe virare in tempi brevi.
Il tampone ti dà delle informazioni – sottolinea – ma non ti assicura che non ci possano essere dei cambiamenti successivi”.
Poi per quanto riguarda i viaggi da o per l’estero “ci potrebbero essere delle limitazioni a seconda della tipologia di vaccini perché alcuni vaccini potrebbero dare una protezione maggiore rispetto ad altri, l’esempio classico – ricorda l’infettivologo – è il vaccino cinese che potrebbe avere una sua efficacia ma minore e allora come consideriamo le persone vaccinate con questo vaccino o con altri che non sono stati ancora validati dall’agenzia europea come lo Sputnik? A livello italiano è chiaro che i vaccini sono stati tutti validati da Aifa e da Ema e in Europa vale la stessa regola ma mettendo il naso fuori, per esempio in America, potrebbero esserci vaccini che non vengono accettati.
Il problema è complesso anche per considerazioni geopolitiche.
Poi – sottolinea Cauda – ci sono quote di persone che nonostante la vaccinazione non rispondono al vaccino.
E in Italia bisognerà – aggiunge – anche vedere la liceità di impedire il trasferimento tra regione e regione di soggetti che non sono stati vaccinati non per loro mancanza di volontà ma perché la loro classe di età non rientra tra i vaccinati.
Insomma – conclude Cauda – non c’è un sistema perfetto”.
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