Il direttore dell’Unità operativa di Malattie infettive del Policlinico Gemelli di Roma Roberto Cauda, commentando le decisioni sul coprifuoco, ha dichiarato: “Mi sembra che sia una saggia decisione quella di fare i conti non giorno dopo giorno, ma a distanza di 20 giorni-1 mese da adesso. Perché nella prima decade di maggio si inizierà a vedere che cosa avviene a seguito di queste riaperture. Il coprifuoco, guardando anche all’esperienza inglese, ha funzionato nel senso che si riducono le occasioni di un eventuale possibile contagio. Però – sottolinea l’infettivologo – non è scritto sulla pietra. Così come per le riaperture delle attività, sulla base dell’andamento dei contagi e dell’andamento della popolazione vaccinata (che può essere anche diverso da Regione a Regione) si può ripensare in tempi non lunghi all’eventualità di una modifica. Si deve navigare a vista – ripete – perché tutto dipende da tante variabili tra cui le varianti”.
Un’estate senza il coprifuoco “non si può e non si deve escludere” però, sottolinea Cauda, “dipende da una serie di elementi: come va il contagio, qual è il livello della popolazione vaccinata almeno con una dose e, molto molto importante, il livello di responsabilità delle persone perché evidentemente – avverte – comportamenti che non siano all’altezza della situazione potrebbero vanificare quella che può essere una cosa assolutamente possibile. E’ chiaro che, se la massa critica dei vaccinati cresce, se i contagi scendono ed è possibile riprendere il contact tracing, non è un’ipotesi da scartare, però adesso fissare una data in un mese piuttosto che un altro è forse un po’ prematuro. A mettere molta carne al fuoco si rischia di non riuscire a controllarla nel modo corretto. Io penso – conclude l’esperto – che la ragionevolezza sta proprio nella progressività”.
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