Il virologo Pregliasco: "Con la variante Delta il tifo è volano di contagi"
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Il virologo Pregliasco: "Con la variante Delta il tifo è volano di contagi"

Il docente dell'Università Statale di Milano: "In Italia, dove siamo zona bianca, ma facilitare i contatti è quello che fa crescere il rischio"

Fabrizio Pregliasco
Fabrizio Pregliasco
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9 Luglio 2021 - 19.37


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La variante Delta si sta rivelando una spina nel fianco per gli Europei di Calcio, con centinaia di tifosi rientrati positivi dopo essere stati allo stadio.
“Gli Europei di calcio stanno diventando un elemento simbolico di ripresa, di orgoglio italiano e, come i Mondiali con Pertini a suo tempo chiudevano un’epoca grigia, capisco che anche questa finale abbia una sua valenza simbolica”.
Ma “con la variante Delta” di Sars-CoV-2, “il rischio” che il tifo si trasformi in un volano per i contagi “c’è”. Lo dice  il virologo Fabrizio Pregliasco, docente dell’Università  Statale di Milano, a meno di 48 ore dalla finale tra Italia e Inghilterra a cui assisterà allo stadio di Wembley anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
“Per Mattarella – rassicura Pregliasco – con tutti i protocolli sanitari seguiti scrupolosamente, il rischio è bassissimo. E comunque – afferma – al di là del presidente a me non fa paura lo stadio in quanto tale, ma tutto quello che ci sta intorno: la convivialità, il tifoso medio che va a bersi una birra da qualche parte, gli abbracci, i cori”. Anche in Italia, dove siamo zona bianca, “facilitare i contatti è quello che fa crescere il rischio – ricorda Pregliasco.
L’Inghilterra è più avanti di noi nel numero dei casi perché ha aperto prima e ha permesso prima una quota maggiore di contatti. Poi la variante Delta c’ha messo lo zampino”.
Per seguire la partita domenica sera comunque, dice il virologo, “meglio i maxischermi negli stadi con accessi controllati che le feste di piazza tipo rave party”.
La mascherina? “Sarebbe bello” che la portassero, risponde sconfortato ricordando che, se è vero che dopo la festa scudetto per l’Inter a Milano non ci furono conseguenze gravi, è vero anche che allora “non avevamo ancora la variante Delta. Mentre a Copenhagen e San Pietroburgo il 18 e 19 giugno – precisa – invece le conseguenze si sono viste”.

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