Secondo una ricerca REsPOnsE Covid-19 del Laboratorio Sps Trend dell’Università degli Studi di Milano, a giugno il 13% degli italiani ha dichiarato di essere poco o per nulla propenso a vaccinarsi.
Si tratta di un dato più che dimezzato rispetto al dicembre 2020, quando con la campagna vaccinale in partenza tale percentuale era al 30%.
Va detto innanzitutto che il dato (rilevato dall’istituto Swg) non si distanzia molto da quello rilevato da altri istituti demoscopici. La questione relativa all’ostilità nei confronti dei vaccini – nello specifico, nei vaccini anti-Covid – è duplice: da un lato vi è l’atteggiamento nei confronti di un ipotetico obbligo vaccinale; dall’altro, la disponibilità/propensione/intenzione di vaccinarsi degli intervistati.
Lo scontro politico in atto in questi giorni relativo al Green pass – cioè a una disposizione che non obbliga i cittadini a vaccinarsi ma costituisce una condizione per poter accedere a determinate attività, di fatto “incoraggiandoli” a vaccinarsi appena possibile – ha fatto (ri)emergere una questione di cui si è parlato molto qualche anno fa: i vaccini sono una scelta politica? In altre parole, perché alcune forze politiche dimostrano ostilità verso i vaccini?
Formalmente, le critiche al Green pass poggiano sull’assunto che sia di per sé sbagliato obbligare i cittadini a vaccinarsi, limitando le loro libertà se non intendono farlo.
La battaglia politica riguarderebbe quindi solo il primo aspetto, quello dell’obbligatorietà: mentre nulla sappiamo (anche perché finora nessuna forza politica lo ha dichiarato apertamente) se esista una divisione anche sull’opportunità di vaccinarsi o meno.
Dove non arrivano le dichiarazioni esplicite della politica, spesso, arrivano però i sondaggi. E torna molto utile, a tal proposito, un’inchiesta realizzata non troppo tempo fa dall’istituto Demos: si era a maggio, e la campagna vaccinale aveva già iniziato a procedere a un buon ritmo. In quel sondaggio venivano chieste agli intervistati entrambe le cose: sia se fossero orientati a vaccinarsi, sia cosa pensassero di un eventuale obbligo vaccinale. Risultato: solo l’11% si è dichiarato non disponibile a vaccinarsi, mentre quasi il doppio (18%) si è detto contrario all’obbligatorietà.
Ma, come spesso accade, il dato interessante in quel sondaggio riguarda l’orientamento dei vari elettorati. Da questa analisi è emerso infatti che tra gli elettori dei due partiti più scettici sul Green pass (Lega e Fratelli d’Italia) sono più numerosi sia coloro che non intendono vaccinarsi (il 22% degli elettori leghisti e il 16% degli elettori di FdI) sia i contrari del tutto all’obbligo vaccinale (il 20% degli elettori del Carroccio e il 23% di chi voterebbe FdI). La contrarietà dei leader di questi due partiti verso forme anche estremamente “lievi” di obbligo vaccinale (come appunto il Green pass) si spiega così: non tanto con la necessità di attrarre un fantomatico “elettorato No Vax” di cui capita di leggere in talune analisi poco basate sui dati; quanto bensì con il timore di perdere una quota di elettori scettici rispetto sia al vaccino sia all’obbligo vaccinale che in questi partiti è sì minoritaria, ma comunque più consistente che negli altri elettorati – nonché della società italiana nel suo complesso.
Il “peso politico” dei contrari al vaccino è quindi minoritario, e probabilmente insignificante sul piano puramente elettorale. Per questo, è verosimile che nessuno tra i principali partiti prenda apertamente posizione a favore di chi non vuole vaccinarsi. Molto più conveniente spostare il discorso sulla “libertà di scelta” e sposare la tesi dello scetticismo nei confronti dell’obbligo vaccinale, tesi condivisa da un numero ben superiore ai cittadini (circa 2 su 10) come emerge sia dall’indagine realizzata a giugno dall’Università di Milano sia dal sondaggio Demos del mese precedente.
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