Che il Covid abbia cambiato la vita di molti era già risaputo, ma i danni maggiori sono stati probabilmente per i giovani.
Stop alle gite scolastiche, niente feste, scarsissime occasioni di incontro con i coetanei, visti solo attraverso lo schermo di un pc o del tablet: la pandemia ha rubato agli adolescenti il loro ‘tempo delle mele’.
Oltre un anno di restrizioni necessarie a contenere la pandemia hanno impoverito le esperienze relazionali e anche sessuali dei ragazzi in un’età critica, che coincide spesso proprio con la prima volta.
I giovani che si affacciano alla vita sessuale sono così sempre più disinformati e soli: internet è diventato quasi l’unica fonte di informazione e anche di pratica sessuale, con il raddoppio del ricorso a sexting, cybersex e porno online; anche gli amici, che prima della pandemia erano una risorsa essenziale per saperne di più in materia di sesso, sono sempre più lontani e solo virtuali.
Il rischio concreto della disinformazione, dell’isolamento e della mancanza di punti di riferimento con una solida preparazione sul tema è sviluppare comportamenti sessuali e stili di vita potenzialmente dannosi per un sano sviluppo: è l’allarme lanciato dagli esperti della Società Italiana di Andrologia (SIA) in occasione del Congresso Nazionale, a Riva del Garda dall’11 al 13 settembre, nel corso del quale sarà discusso uno studio dedicato agli adolescenti e alla sessualità secondo cui sono decisivi l’educazione sessuale a scuola e il ricorso agli andrologi.
“Mai come oggi la riapertura delle scuole in presenza è cruciale per far emergere i giovani dalla vita in remoto in cui sono annegati a causa del Covid. E’ fondamentale che i ragazzi imparino a rivolgersi allo specialista della sessualità maschile per aver informazioni corrette, intercettare disturbi, fugare incertezze e vivere così una sessualità serena anche negli anni a venire”, spiega Alessandro Palmieri, presidente SIA e professore di Urologia alla Università Federico II di Napoli.
Lo studio presentato durante il congresso ha coinvolto 80 ragazzi di entrambi i sessi e di 16 anni, l’età media della ‘prima volta’, che nel 2019 e poi nel 2020 hanno risposto a domande per indagare la loro consapevolezza sul sesso, sulla contraccezione, sulle malattie sessualmente trasmesse e per capire quali siano i canali usati abitualmente per informarsi su sessualità e relazioni.
“Se da un lato la pandemia ha danneggiato i 16-17enni perché ha sottratto loro un anno fondamentale, in cui in genere si fanno le prime esperienze sessuali – precisa Palmieri – dall’altro sembra averli responsabilizzati e resi più attenti alle malattie sessualmente trasmissibili, all’ uso del preservativo e alla scelta di partner stabili”.
“I dati mostrano che solo un terzo dei giovani (35%) dichiara di essere abbastanza informato – racconta Francesco Chiancone del Dipartimento di Urologia dell’ospedale Cardarelli di Napoli, coordinatore dello studio – solo il 10% ha dichiarato di avere un partner stabile, ma il 27.5 % ha avuto un rapporto sessuale completo. Internet è la prima fonte informativa per uno su due, seguito dagli amici (28,75%). Appena il 5% degli adolescenti coinvolti nello studio ha affermato di avere ottenuto informazioni sul sesso da medici, il 55 % dei partecipanti non ha mai parlato a qualcuno di sessualità”.