Una lite che potrebbe avere un seguito giudiziario
“Io sono orgogliosamente figlio di mio padre e il mio amore per le malattie infettive nasce anche da quanto ho respirato e appreso in famiglia attraverso una vera e propria trasmissione culturale. Sono sicuro che per la maggioranza degli italiani questa non è una colpa. Per il mondo del ‘signor Paragone invece sì. Certo che è facile insultarmi e poi nascondersi dietro l’immunità parlamentare. Senza immunità lo aspetto in tribunale. Povera Italia”.
Così Matteo Bassetti, primario del reparto di malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova, su Facebook torna sullo scontro avuto ieri sera a ‘Non è l’Arena’ con il senatore Gianluigi Paragone che ha accusato Bassetti di essere ‘un figlio di papà’ perché il padre è stato un famoso infettivologo.
“Ieri sera a ‘Non è l’Arena’ ho assistito ad uno dei punti più bassi toccati fin qui in Italia nella disinformazione sul Covid e i vaccini – ricorda Bassetti -. Non mi stupisco che a toccare il punto più basso sia stato il signor Paragone, che con violenza, ignoranza della materia scientifica, arroganza e presunzione tratta, purtroppo da molti mesi, un tema così delicato per tutti noi. Non essendo in grado di replicare sui concetti scientifici e medici da me espressi ha fatto l’unica cosa che sa fare: usare violenza con le parole accusandomi di essere ‘figlio di papà’, raccomandato e che avrei fatto carriera solo grazie a mio padre. Anche su questo Paragone denota, come su tutti i temi che tratta, di avere solo conoscenze superficiali, con un approccio populista e qualunquista”.
“Purtroppo per me, per la mia famiglia e per le malattie infettive italiane mio padre Dante è morto 16 anni fa all’età di 65 anni – continua Bassetti -. Ho fatto tutta la trafila della mia carriera, prima ospedaliera e poi universitaria, dopo la sua morte, vincendo regolari concorsi pubblici e senza gli aiuti di nessuno, se non quello del mio amore e della mia passione per le malattie infettive. Ho sempre creduto nella meritocrazia e credo che il mio percorso curriculare, che mi ha portato a 51 anni a uno degli indici più alti in Italia in quanto a quantità e qualità della produzione scientifica nell’ambito delle infezioni, lo attesti”.
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