Il progresso scientifico ha portato ad un risultato strabiliante: è stato trapiantato in un uomo un cuore di un maiale geneticamente modificato. Traguardo che dà certamente uno spiraglio di luce.
Nel petto del 57enne americano David Bennet batte un cuore prelevato da un maiale geneticamente modificato. “E’ il primo trapianto riuscito di cuore di maiale in un essere umano”, ha spiegato Antonio Rebuzzi, professore di cardiologia dell’università Cattolica di Roma, in un suo intervento pubblicato sulle pagine ‘Macro’ del quotidiano ‘Il Messaggero’. Il paziente protagonista del trapianto pionieristico aveva “una condizione cardiaca così grave da non poter neppure rientrare nella lista d’attesa”.
Il cuore del maiale, “prima di arrivare all’intervento, è stato sottoposto a modificazioni genetiche tali da prevenire la formazione di anticorpi in grado di alterare l’endotelio (tessuto interno delle arterie) e la coagulazione provocando quindi il rigetto – ha illustrato l’esperto – Oltre che sul cuore – ricorda – si stanno facendo sperimentazioni con organi di maiale per arrivare all’innesto di reni, fegato e polmoni. Questa è la sfida dei chirurghi di Baltimora. Questa è la nostra sfida dal momento che da noi, come appunto negli Stati Uniti, i cuori da trapiantare sono pochi e tanti i pazienti in attesa. Obiettivo dei ricercatori, dunque, è stato quello di permettere la produzione di proteine che bloccano il rigetto”.
“A risentire pesantemente degli effetti della pandemia di Covid è stata anche l’attività dei trapianti in tutto il mondo – osserva Rebuzzi – Per questo il lavoro compiuto a Baltimora viene accolto come uno spiraglio di luce. Le donazioni, in Italia nel 2020, sono calate del 31% e i trapianti del 22,5%”.
I trapianti di cuore, secondo i dati riportati da Rebuzzi, “sono stati 239 (-2,4% in 12 mesi). Si contano 8.291 pazienti iscritti nelle liste d’attesa del sistema informativo trapianti: 670 aspettano un cuore”.
Lo xenotrapianto “sarebbe davvero un grande traguardo. E’ dai primi anni Ottanta che si susseguono tentativi per poter utilizzare cuori di maiali o babbuino nei pazienti cardiopatici gravi. Il primo esperimento è datato 1984, Usa”, rammenta lo specialista. “Venne trapiantato in una bimba di 30 giorni, fu dato il nome Baby Fae, un cuore di babbuino: dopo poche settimane sopravvenne il rigetto”. Due anni più tardi “si trapiantò un cuore di maiale nel petto di un babbuino, ma l’esito fu assolutamente drammatico. La compatibilità era pari a zero. Si cominciarono così a sperimentare, per l’organo da innestare, dei farmaci capaci di modulare le incompatibilità dei sistemi immunitari e di coagulazione”. Obiettivo “evitare la trombosi e il rigetto”.
Nel 2016 si è arrivati “ad utilizzare gli anticorpi monoclonali abbinati a steroidi per far battere a lungo l’organo di suino nel primate. Da allora” c’è stata “una serie di successi” che fanno sperare, conclude il cardiologo, ricordando l’importanza di un traguardo simile, considerato tra l’altro che il cuore artificiale, “nato per fare da ponte verso il trapianto e rivelatosi “un salvavita a lungo termine”, “non può rappresentare un realistico futuro terapeutico”.
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