Il fumo fa male alla salute in generale. Ed è anche un problema in più per chi deve difendersi dal Covid.
Il fumo ha un impatto negativo sulla risposta ai vaccini anti-Covid? In una revisione della letteratura scientifica fatta dai ricercatori del Coehar, Centro di eccellenza per la riduzione del danno da fumo dell’università di Catania, in collaborazione con le università di Pavia e Milano, emerge che i livelli di anticorpi nei fumatori risultano essere più bassi rispetto ai non fumatori e che la risposta anticorpale indotta dal vaccino tende ad esaurirsi molto più rapidamente in coloro che fumano.
Nell’analisi effettuata, dal titolo ‘The effect of smoking on humoral response to Covid-19 vaccines: a systematic review of epidemiological studies’, sono stati esaminati un totale di 23 articoli, con un campione di soggetti analizzati che varia da 74 a 3.475 partecipanti e con una proporzione di fumatori studiati tra il 4,2% e il 40,8%. In 17 articoli i fumatori hanno mostrato un titolo anticorpale più basso o un abbassamento più rapido delle IgG indotte rispetto ai non fumatori.
Il risultato dello studio arriva a conferma di un altro dato che era stato già diffuso lo scorso gennaio in una precedente ricerca denominata Vasco che ha dimostrato come gli anticorpi indotti dal vaccino anti Covid-19 diminuiscono più velocemente nei fumatori
“Sebbene non siano ben noti i meccanismi alla base del dato anticorpale estrapolato dalla complessità della risposta immunitaria ai vaccini contro il Covid-19, questi risultati sembrano confermare l’ennesimo impatto negativo del fumo sulla salute umana e sulle alterazioni della risposta immunitaria ai vaccini, indebolendo le difese dell’organismo contro le conseguenze cliniche delle infezioni”, ha spiegato Pietro Ferrara, medico epidemiologo e ricercatore dell’Università di Pavia.
“L’abitudine tabagica- ha aggiunto il fondatore del Coehar, Riccardo Polosa- influenza la proliferazione dei linfociti e delle altre cellule del sistema immunitario, indicando risposte immunitarie difettose. I fumatori rispondono meno ai vaccini e sono dunque più a rischio. Individuare gli elementi che possono influenzare la loro risposta è fondamentale per valutarne efficacia e durata ed eventuali precauzioni terapeutiche. Servono più risposte ma è su questo che stiamo continuando a lavorare”.
Le tipologie di vaccino analizzate dallo studio sono state differenti, ma per la maggior parte, gli articoli che sono stati presi in considerazione erano focalizzati sulla risposta immunitaria al vaccino Pfizer.
I campioni di sangue per la misurazione del livello di anticorpi sono stati raccolti in diverse fasi dopo la somministrazione di una o entrambe le dosi di vaccino, da 21 giorni fino a 6 mesi dopo l’iniezione.
I risultati principali sono stati due: tra i campioni di soggetti fumatori, in ben 17 studi, i risultati hanno mostrato una risposta anticorpale più bassa o un abbassamento più veloce delle immunoglobuline G, le IgG, gli anticorpi specifici prodotti in risposta al vaccino.
Sebbene i risultati non permettano di capire se ad influenzare la risposta immunitaria al vaccino sia lo status di fumatori o il numero di sigarette fumate giornalmente, e sebbene le abitudini individuali e le tipologie di cellule studiate influenzino i risultati, i ricercatori hanno riscontrato un impatto negativo del fumo sul numero di anticorpi prodotti dal vaccino.
In conclusione, secondo Riccardo Polosa: “La comprovata minor efficacia dei vaccini sui fumatori riporta all’attenzione mondiale il tema della lotta al fumo di sigarette convenzionali, una pessima abitudine che mette a rischio la vita di milioni di persone. I dati dimostrano che la pandemia ha aumentato, seppur sensibilmente, il numero di fumatori in tutto il mondo. Occorre una risposta immediata sia in campo scientifico, sia in ambito politico perché è solo garantendo facile accesso a percorsi di cessazione che comprendano anche l’utilizzo di strumenti a rischio ridotto per chi non riesce a smettere da solo, che possiamo davvero aiutare i fumatori a smettere”.
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