di Rock Reynolds
“Nel 50 a.c. i galli vengono sconfitti dai romani dopo una lunga lotta… Tutta la Gallia è dunque occupata… Tutta?… No! Perché una regione resiste vittoriosamente all’invasore. Una piccola regione assediata dagli accampamenti romani…”
Così si apriva Asterix il gallico, la prima avventura della fortunatissima serie di Asterix creata dalla coppia Goscinny-Uderzo, uscita in Francia in forma di albo nel 1961 (in Italia nel 1968).
Ma a quale regione facevano riferimento gli autori? All’Armorica, grosso modo l’odierna Bretagna, estrema punta nordoccidentale della Francia. È uno dei vari luoghi che l’umanità ha ribattezzato Finis terrae, dove mare e terra si separano in via quasi definitiva, con la seconda che si protende selvaggia a occidente sull’Oceano Atlantico.
La coabitazione tra creature di mare e di terra è da sempre uno dei tratti più caratteristici della zona, la cui imprevedibilità climatica rappresenta un elemento di attrazione, più che di dissuasione, per il turista. I giochi di luce creati dall’atmosfera carica di umidità, senza soluzione di continuità tra le tonalità di blu del cielo e del mare, contribuiscono da sempre alla ricchezza del folklore locale. La Bretagna, infatti, è uno dei centri della cultura celtica insieme a Scozia, Irlanda, Galles, Cornovaglia, Isola di Man, le “sei nazioni celtiche”. Non a caso, ospita a Lorient una delle sue più importanti manifestazioni internazionali, il “Festival Interceltique”.
Chi non ha sentito parlare di druidi, menhir, dolmen, cerimonie pagane legate al succedersi delle stagioni, officiate da strani signori dalle barbe lunghe e dalle tonache bianche col cappuccio? Siamo idealmente nel paesaggio magico della narrativa fantasy, che si è abbondantemente abbeverata alle fonti delle leggende celtiche e della loro iconografia. J.R.R. Tolkien stesso non deve esserne rimasto immune, considerato che il “ciclo di re Artù” è detto anche “ciclo bretone” e che le foreste della Bretagna, ricche di vischio, sono intimamente legate ai culti druidici. In effetti, il personaggio più importante della serie di fumetti di Asterix, oltre al piccolo e fumantino eroe e al suo amicone Obelix caduto nel paiolo della pozione magica da piccolo, è proprio Panoramix, il druido del villaggio dei galli irriducibili che va a cercare nel bosco le sue erbe preziose.
Non stupisce, dunque, che diversi scrittori abbiano fatto della Bretagna la loro terra d’adozione, decidendo di ambientarvi le loro storie: quella regione sembra fatta apposta. Sorprende leggermente di più che a costruirvi le sue fortune letterarie sia stato in realtà uno scrittore tedesco, sotto lo pseudonimo di Jean-Luc Bannalec, il cui romanzo Orgoglio Bretone (Superbeat, traduzione di Chiara Uika, pagg 303, euro 19) segna il quarto capitolo italiano di una saga a cui una bella trasposizione televisiva ha regalato ulteriore visibilità e successo.
Il commissario Georges Dupin è un investigatore non convenzionale. Trasferito dai superiori a Concarneau, uno dei borghi più pittoreschi della Bretagna, con la promozione anomala a “dirigente commissario”, adora la sua nuova regione di residenza, ma, a distanza di cinque anni, continua a faticare a coglierne alcuni tratti misteriosi e a farsi accettare dalla comunità locale, tutto sommato chiusa e protettiva nei confronti della sua identità culturale e dei suoi segreti. Stavolta, Dupin si trova alle prese con lo strano caso di un cadavere in cui un’anziana star del cinema si imbatte portando a spasso il cane.
Il cadavere è abbandonato su un sentiero costiero, ma, quando la polizia si reca sul posto, non trova nulla. Che la vecchia abbia qualche difficoltà a connettere o, addirittura, si senta sola e cerchi di tornare protagonista delle scene? Dupin, un suo fan di vecchia data, non si fa influenzare dalla diffidenza della gente del posto nei confronti della vecchia ed è convinto che un cadavere davanti al mare ci sia stato davvero, un sospetto che trova conferma quando viene denunciato il rinvenimento di un altro corpo, a non molti chilometri di distanza.
Le due vittime sono entrambi scozzesi e hanno a che fare con l’allevamento delle ostriche, vanto locale, elemento che fa suonare un campanello d’allarme nella testa di Dupin. A complicare le cose ci si mettono un preoccupante virus che rischia di annientarne la produzione, rapporti poco chiari tra i produttori locali e strani riti druidici a cui partecipano parecchi abitanti della gotica Quimper, altro gioiello bretone, faticando ad ammetterlo pubblicamente e contribuendo in tal modo a caricare l’atmosfera di ulteriori foschi nembi.
‘Tout commence au Finistère, tutto inizia alla fine del mondo’ diceva uno dei proverbi bretoni che senza tanti giri di parole illustravano al meglio la mentalità locale.” Ed è proprio il modo diverso di ragionare e di rapportarsi al mondo utilizzato dai bretoni che Jean-Luc Bannalec tenta di mettere al centro della sua narrazione. Gli sviluppi delle indagini, da buon noirista ispirato soprattutto ai gialli di Simenon, sono secondari rispetto alla costruzione del profilo psicologico dei personaggi. E ai protagonisti della storia si affianca l’ambiente fisico della Bretagna, con la sua straordinaria e un po’ inquietante bellezza selvaggia. “Soprannaturale era il termine più adatto a descrivere questa regione, pensava Dupin: qui nel cuore del Finistère finiva il mondo conosciuto, l’aldiqua.”
E al soprannaturale puntano, naturalmente, i riti druidici, attraverso gilde i cui confini talvolta si sfumano in vere e proprie logge massoniche. Domina l’arcano, insomma. Cos’altro ci si sarebbe potuti attendere da una terra che vanta località come Carnac (con i suoi grandi campi di menhir), Saint Malo (roccaforte dei corsari), la fortificata Dinan (cinta d’assedio da Guglielmo il Conquistatore) e la foresta di Paimpont (con la presunta tomba di Mago Merlino)?
Dupin è certamente un personaggio molto interessante e piuttosto lontano da certi stereotipi di genere che descrivono quasi immancabilmente l’investigatore di turno come un dongiovanni impenitente la cui vita è segnata da dolori insuperabili e da vizi disdicevoli. Non è che Dupin non ami godersi la vita e non si beva un goccio di quando in quando, ma la sua dipendenza più grave è il caffè e il suo cuore batte solo per la dottoressa Claire, che in questo capitolo della saga gli farà una gradevole sorpresa. Il resto dovrete scoprirlo leggendo Orgoglio Bretone, magari tenendo accanto al libro una guida turistica della regione, per apprezzare meglio gli infiniti riferimenti alla storia, alla geografia e al folklore locali.