di Azzurra Arlotto
La mostra in questione si è conclusa la scorsa domenica e tirando le somme i risultati ottenuti in materia di visitatori sono notevoli. Il successo che ha riscontrato è andato oltre le aspettative, tanto da far prolungare l’orario di chiusura per tutti i giorni dell’ultima settimana alle ore 22:30, per poter permettere a più persone di visitarla prima che fosse troppo tardi.
Milano per la prima volta, sotto i direttori artistici di Palazzo Reale e del Castello Sforzesco, ha reso omaggio al grande genio fiammingo e alla sua fortuna nell’Europa meridionale, con un progetto espositivo inedito che presenta una tesi affascinante. Jheronimus Bosch (1453 – 1516), secondo i curatori, rappresenta l’emblema di un Rinascimento alternativo, lontano dal peridio artistico concepito come governato dal mito della classicità, ed è la prova dell’esistenza di una pluralità di Rinascimenti, con centri artistici diffusi in tutta Europa.
la cura della mostra è stata affidata a Bernard Aikema, già professore di Storia dell’Arte Moderna presso l’Università di Verona, a Fernando Checa Cremades, professore di Storia dell’Arte all’Università Complutense di Madrid e già direttore del Museo del Prado e Claudio Salsi, direttore Castello Sforzesco, Musei Archeologici e Musei Storici e docente di storia dell’incisione presso l’Università Cattolica di Milano.
L’esposizione è stata il risultato di un progetto culturale ambizioso, partito oltre cinque anni fa, che ha proposto, come ha spiegato Bernard Aikema, “una revisione del Rinascimento, il momento in cui è nato il mondo moderno”. L’idea di base è che durante quel periodo artistico, accanto al classicismo, si sia fatta strada una via diversa dell’arte, che ha influenzato anche gli artisti successivi fino al Barocco.
Sono state esposte oltre un centinaio di opere, incluse incisioni, sculture, arazzi, oggetti rari, insieme a molte opere di Bosch, come il trittico delle Tentazioni di Sant’Antonio arrivato da Lisbona, il trittico dei Santi Eremiti della Galleria dell’Accademia di Venezia, la Tentazione di Sant’Antonio del Prado, le opere della sua bottega e di chi a lui si è ispirato, come Brughel il vecchio ma anche il Garofalo, di cui è stato esposto il Paesaggio con corteo magico del 1528 e Arcimboldo con il suo Vertumno.
In questo ricchissimo corpus spiccano alcuni dei più celebri capolavori di Bosch e opere derivate da soggetti del Maestro – mai presentate insieme prima d’ora – in un’unica mostra. Egli è stato, infatti, autore di pochissime opere universalmente attribuitegli e conservate nei musei di tutto il mondo. Proprio perché così rari e preziosi, difficilmente i capolavori di questo artista lasciano le sedi museali alle quali appartengono e ancora più raramente si ha la possibilità di vederli riuniti in un’unica esposizione.
Quella tenuta a Palazzo Reale non è stata, quindi, una mostra monografica convenzionale, ma un dialogo tra capolavori tradizionalmente attribuiti al Maestro con importanti opere di altri maestri fiamminghi, italiani e spagnoli. Il confronto è stato fatto con l’intento di spiegare al visitatore quanto l’altro Rinascimento – non solo italiano e non solo boschiano – negli anni coevi o immediatamente successivi ha influenzato il lavoro di grandi artisti come Tiziano, Raffaello, Gerolamo Savoldo, Dosso Dossi, El Greco e molti altri.
All’esposizione hanno collaborato il Comune di Milano-Cultura, con Palazzo Reale e Castello Sforzesco che l’hanno promossa, insieme a 24 ore Cultura-Gruppo 24 ore che l’ha realizzata, grazie anche al sostegno di Gruppo Unipol ma anche dell’Ambasciata d’Italia in Portogallo e del Museu Nacional de Arte Antiga di Lisbona.