La stretta repubblicana sull’aborto negli swing states potrebbe galvanizzare il voto democratico
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La stretta repubblicana sull’aborto negli swing states potrebbe galvanizzare il voto democratico

In Georgia, Michigan, Wisconsin e Arizona, l’interferenza dei movimenti pro-vita sui diritti riproduttivi potrebbe alimentare una mobilitazione femminile senza precedenti, mentre Kamala Harris si candida per diventare la prima donna a guidare la nazione.

La stretta repubblicana sull’aborto negli swing states potrebbe galvanizzare il voto democratico
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6 Novembre 2024 - 00.17 Culture


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Il simbolo e la battaglia per i diritti riproduttivi negli Stati Uniti si incarnano, da cinquant’anni, nei nomi di Roe e Wade. Norma McCorvey, sotto lo pseudonimo “Jane Roe”, divenne protagonista nel 1973 di una storica causa legale contro Henry Wade, procuratore distrettuale del Texas, dopo che le venne negato l’accesso all’aborto. La sentenza, Roe v. Wade, sancì de facto il diritto costituzionale delle donne di scegliere liberamente un’interruzione di gravidanza, e fu una vittoria storica che ha sostenuto generazioni di donne.

Nel 2022, la Corte Suprema, con predominanza repubblicana, revocò quella protezione, lasciando la regolamentazione dell’aborto nelle mani dei singoli stati. Gli effetti furono immediati e in molti stati americani, tra cui Georgia, Michigan, Wisconsin e Arizona, i governi repubblicani reintrodussero leggi che ad oggi limitano drasticamente o vietano del tutto l’aborto, provocando profonde ripercussioni nella sfera pubblica e politica.

Questi swing states, oscillanti tra i due partiti e decisivi nelle elezioni, sono ora teatro di una nuova mobilitazione femminile. L’inasprimento delle restrizioni all’aborto, per quanto voluto dai repubblicani come simbolo di una politica pro-vita, sta infatti sortendo l’effetto opposto e le donne, spinte dall’indignazione per la perdita di diritti acquisiti e preoccupate per il proprio futuro e quello delle generazioni a venire, sembrano più che mai motivate a votare in difesa della propria autonomia. Quest’anno, però, oltre alla questione dei diritti riproduttivi, un ulteriore incentivo potrebbe influenzare la partecipazione femminile con il secondo caso nella storia americana di una donna in corsa alla presidenza degli Stati Uniti.

Kamala Harris rappresenta pertanto un’opportunità storica per l’elettorato femminile per eleggere, per la prima volta, una presidente donna. Questo accade in un contesto di progressivo ritorno al conservatorismo, pertanto, la sua candidatura diviene un simbolo di emancipazione e di potere sociale, un riconoscimento dell’importanza della voce femminile nella definizione del futuro americano. Se in Georgia e Arizona l’aborto è un diritto violato, nel Wisconsin e in Michigan la possibilità di eleggere Harris costituisce un obiettivo femminile, un’opportunità irripetibile per riconquistare spazio e dignità in una sfera politica dominata, fino a oggi, da figure maschili.

L’equilibrio elettorale è comunque fragile e i Democratici sanno bene che il sostegno delle donne non può essere dato per scontato, ma questa convergenza tra la lotta per i diritti riproduttivi e la prospettiva di un primo presidente donna potrebbe costituire una forza mobilitante di rara intensità.

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