Dalla Serie A del calcio alla strada: la storia di Maurizio Schillaci
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Dalla Serie A del calcio alla strada: la storia di Maurizio Schillaci

È il cugino meno famoso di Totò. Altrettanto bravo, forse anche di più. Successo e fama giocando con la Lazio. Poi la droga, due divorzi. Ora dorme in strada.

Dalla Serie A del calcio alla strada: la storia di Maurizio Schillaci
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12 Ottobre 2013 - 18.12


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Classe 1962, Antonio Maurizio Schillaci era una giovane promessa delle giovanili del Palermo, dove ha iniziato a giocare a 17 anni. Negli anni Ottanta giocava allo stadio Olimpico vestendo la maglia biancocelste, dopo essere stato corteggiato per tanto tempo dal Foggia di Zeman.

Anni passati al top del mondo del calcio e adesso l’ex campione si ritrova a vivere come un barbone. Il lusso, le auto (ben 38) e soprattutto un infortunio: è stato questo che gli ha rovinato la carriera. Poi il prestito al Messina, dove faceva a gare con il cugino Totò a chi faceva più gol. “Tutti dicevano che ero più forte di lui – ha detto Maurizio -. Può essere. Di sicuro io non ho avuto la sua fortuna”.

Una promessa del calcio che lentamente s’è sfasciata. Il pupillo di Zeman ora è un senzacasa. Fa la vita da barbone, vaga per le strade della sua Palermo.

“Soldi per aggiustare le partite? Solo una volta me li hanno proposti. Giocavo nel Licata, a Casarano, lo dissi subito a Zeman. Mi disse di rifiutare. Poi finì 0-0, prendemmo 8 pali… Ma a volte le partite si decidono in mezzo al campo, parlando…”, ha raccontato.

Costretto all’inattività, l’ex calciatore comincia a fare uso di sostanze stupefacenti, cocaina ed eroina. Un mondo dal quale è difficile uscire. La sua carriera va in frantumi. Dopo un tentativo andato male di insegnare nella scuola di calcio del cugino Totò, un’attività imprenditoriale fallita e due divorzi, a 51 anni Maurizio Schillaci è finito a dormire in strada.

“Il mio declino è stato velocissimo e ora mi ritrovo per strada. Come si vive? La prendo quasi a ridere, mi diverto, sdrammatizzo, cerco di farcela. Ma non riesco a trovare lavoro, dormo nei treni fermi alla stazione. Lo chiamano il cimitero dei treni. Ci sono altre persone con me, siamo un gruppo di 20 barboni. Passo le giornate pensando a racimolare qualcosa per mangiare e comprarmi le sigarette”.

Adesso è un uomo solo e solitario, senza soldi. Con Totò non si sente più.

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