James Rodriguez, storia di un predestinato
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James Rodriguez, storia di un predestinato

Il 22enne ha una responsabilità non da poco di essere stato ribattezzato in patria "El Diez".

James Rodriguez, storia di un predestinato
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29 Giugno 2014 - 17.07


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Una vita nel calcio e per il calcio non può che portarti a diventare uno dei migliori talenti in circolazione a livello internazionale e a diventare con incredibile naturalezza una delle grandi stelle dell’attuale Mondiale. Il colombiano James Rodriguez, 22 anni e una responsabilità non da poco di essere stato ribattezzato in patria “El Diez” (in Sudamerica è un onore che spetta a pochissimi) dopo lillustre predecessore Valderrama, si sta prendendo la ribalta in Brasile a suon di gol e prestazioni maiuscole, che hanno portato la sua nazionale allo storico traguardo dei quarti di finale.

Non è Neymar, non è Messi, anche se condivide con l’argentino un sinistro telecomandato, ma dopo le due reti all’Uruguay (in particolare la prima) che lo portano in vetta alla classifica dei cannonieri a quota 5, la sfida è ufficialmente lanciata. Nel prossimo turno, il destino lo metterà di fronte al leader indiscusso del calcio brasiliano, la vera speranza a cui si aggrappano Scolari e un Paese intero per riportare la Coppa del Mondo a casa. Ma James ha le idee chiare e una serie di storie alle spalle che già da sole meritano la prima pagina…

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Nato a Cucuta il 12 luglio 1991 (il giorno prima la Colombia sconfiggeva per l’ultima volta nella sua storia proprio il Brasile), la stella del Monaco ha conosciuto ben presto le prime delusioni di un’esistenza vissuta a 1000 all’ora: all’età di 3 anni, il padre Wilson, ex giocatore di Cali e Tolima, lo abbandona, lasciando che a crescerlo siano la madre Pilar e il patrigno Juan Carlos. Ma è grazie allo zio Arley Rodriguez, anch’egli con un passato da giocatore al Medellin, che James si avvicina al calcio: “Da piccolo non avevo giocattoli, ma avevo sempre palloni di qualsiasi dimensione e colore”. Un’infanzia passata a dare calci a quella palla e un’incredibile somiglianza alla storia del protagonista del celeberrimo cartone animato “Holly e Benji”, Oliver Hutton. Non a caso, il suo idolo giovanile, più ancora dei vari Valderrama, Rincon e Asprilla. E poi quel sogno nel cassetto che un giorno potrebbe diventare realtà: “Mi alzo tutte le mattine e lavoro duro sul campo solo per conquistare il Pallone d’Oro”.

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Calcio, calcio e ancora calcio. James debutta a soli 15 anni nella Serie A colombiana con l’Envigado e a 16 segna la sua prima rete da professionista, prima di cercare fortuna in Argentina con la maglia del Banfield. A 19 anni, si sposa con Daniela che, guarda il caso, è la sorella del portiere della Colombia David Ospina, un altro dei grandi artefici del grande Mondiale disputato sin qui dai Cafeteros. Nel 2010, il trasferimento al Porto, da sempre attentissimo nello scoprire e valorizzare i talenti sudamericani, per soli 7,35 milioni di euro complessivi. Cifra ampiamente ripagata dai 45 che il Monaco dell’oligarca russo Rybolovlev ha deciso di investire nell’estate del 2013 per costruire una formazione che potesse mettere fine all’egemonia in Francia del PSG.

7,35 milioni di euro, quelli che in ordine di tempo Udinese, Juventus e Inter non vollero investire per quel ragazzino che faceva sfracelli con la maglia del Banfield ma che per i nostri miopi dirigenti non valeva un investimento così “importante”. Per questo, fanno quasi tenerezza le parole pronunciate non molti giorni fa dall’ex presidente dell’Inter Massimo Moratti, che dopo aver visto le prime performances del colombiano in Brasile ha dichiarato: “Non male questo Rodriguez, peccato che giochi già per il Monaco…”. In realtà il suo destino sembra già essere scritto: “Un giorno mi piacerebbe giocare nella Liga. Real Madrid o Barcellona? Ho una leggera preferenza per i blancos”.

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