I 50 anni di Roberto Baggio, il campione amato da tutti
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I 50 anni di Roberto Baggio, il campione amato da tutti

Il mondo del calcio celebra uno dei suoi più indiscussi campioni di sempre

Roberto Baggio
Roberto Baggio
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18 Febbraio 2017 - 11.28


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Il miglior riconoscimento è che è un campione amato da tutti gli sportivi, indipendentemente dalle squadre con le quali ha giocato.
Ora che Roberto Baggio compie 50 anni il mondo del calcio celebra uno dei più grandi campioni di sempre, un numero 10 che con le sue magie è entrato nel cuore di intere generazioni di tifosi, non solo in Italia: Roberto Baggio. La sua scalata all’olimpo del calcio inizia nella piccola Caldogno, il paesino in provincia di Vicenza dove nasce il 18 febbraio del 1967. All’età di 13 anni viene acquistato dal L.R.Vicenza per 500mila lire e dopo essersi messo in luce con la maglia biancorossa è la Fiorentina a mettere per prima gli occhi su di lui.
I viola lo ingaggiano nel 1985, ma il suo trasferimento a Firenze rischia di saltare per un grave infortunio al ginocchio, il primo di una lunga serie, che lo costringe a un’assenza dai campi di oltre un anno. Nonostante ciò, la Fiorentina continua a credere in lui. E viene ripagata alla grande. Con la maglia viola segna 39 gol e diventa un vero e proprio idolo dei tifosi. Nella stagione 1988-1999 forma con Stefano Borgonovo un tandem d’attacco particolarmente prolifico, passato alla storia come la ‘B2’.
L’anno seguente guida la sua Fiorentina fino alla finale della coppa Uefa, poi persa contro la Juventus. Poco dopo, il 18 maggio 1990, si consuma il suo divorzio da Firenze. Il presidente Pontello cede alle avance della Juve e Baggio viene ceduto per 18 miliardi di lire al club bianconero, una cifra record a quei tempi. A Firenze si scatena una vera e propria rivolta per le strade, la protesta arriva fino alle porte del ritiro degli azzurri a Coverciano.
 Ma il rapporto d’amore fra Baggio e Firenze non terminerà e nell’aprile del 1991 vivrà un nuovo capitolo. La Juventus perde a Firenze per 1-0 e Baggio, in maglia bianconera, si rifiuta di calciare il rigore contro la sua ex squadra. Uscendo dal campo, il Divin Codino saluta i suoi ex tifosi e raccoglie una sciarpa viola che gli è stata lanciata dagli spalti. Ma è proprio a Torino che Baggio raggiunge l’apice della sua carriera, conquistando il suo primo scudetto, una coppa Italia e una coppa Uefa.
Nel 1993 il numero 10 della Juve vince anche il Pallone d’Oro, il terzo italiano di sempre dopo Gianni Rivera e Paolo Rossi. Con la maglia dell’Italia si era già messo in luce nelle notti magiche di Italia ’90, ma è ai Mondiali in Usa del 1994 che Baggio fa sognare i tifosi azzurri, guidando la Nazionale di Sacchi fino alla finale contro il Brasile dopo averla salvata dall’eliminazione agli ottavi contro la Nigeria con un gol all’ultimo respiro e un altro su rigore ai supplementari.
Ma è proprio contro la Selecao che si consuma un dramma sportivo mai dimenticato da Baggio: la partita si trascina ai rigori e il numero 10 dell’Italia spedisce il pallone oltre la traversa. Sfuma il sogno di alzare al cielo la coppa del mondo e per il fenomeno di Caldogno quel momento diventerà un incubo ricorrente.
Superato lo shock, anche grazie all’aiuto della sua fede buddhista, Baggio continua a scrivere altre pagine di storia del calcio italiano suon di gol e prodezze. Vince un altro scudetto con il Milan, poi regala gioie ai tifosi di Bologna e Inter prima di chiudere la carriera con la maglia del Brescia di Carletto Mazzone: realizza ben 45 gol in 95 partite dopo essersi lasciato alle spalle l’ennesimo infortunio e, dopo avere ricevuto la standing ovation di San Siro in occasione dell’ultima partita il 16 maggio del 2004, il Brescia decide di ritirare la maglia numero 10.
Chiusa la carriera, Baggio apre una breve parentesi senza grande fortuna alla guida del settore tecnico della Figc. Intanto, continua a dedicarsi alla sua passione per la caccia nella sua tenuta in Argentina e si impegna nel sociale, diventando ambasciatore Fao e ricevendo nel 2010 il premio ‘Peace Summit Award 2010’ per “il suo impegno forte e costante alla pace nel mondo”. Il mondo del pallone però non si dimentica di lui e nel 2011 entra di diritto nella Hall of Fame del calcio italiano.

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