di Marcello Flores
Il 4 febbraio si aprono in Cina le Olimpiadi invernali che nessun paese sembra avere intenzione di boicottare seriamente. Gli Stati Uniti hanno deciso di non inviare rappresentanza diplomatica all’inaugurazione, ma è dalla Francia che è giunta la presa di posizione – sia pure indiretta – più dura nei confronti delle profonde violazioni dei diritti umani che avvengono in Cina.
Il 20 gennaio l’Assemblea nazionale francese ha riconosciuto il «carattere genocidario» delle violenze commesse contro gli uiguri nella regione del Xinjiang. La raccolta metodica di testimonianze degli ultimi anni ha provato l’esistenza di numerosi e ripetuti atti di tortura, imprigionamenti, violenze sessuali, sterilizzazioni forzate, deportazioni in campi di lavoro e «rieducazione», che già avevano fatto parlare, fin dal giugno 2021, di «crimini contro l’umanità».
L’internamento della popolazione musulmana nello Xinjiang, che ha riguardato in momenti diversi circa tre milioni di persone, è parte di un progetto di ingegneria etnica che ha condotto a criminalizzare l’intera popolazione, a rinchiuderne una parte in campi di concentramento e a intraprendere nei confronti di numerose donne campagne di sterilizzazione con la scusa ufficiale di reprimere azioni terroristiche da parte della popolazione della regione.
L’inizio della politica repressiva nello Xinjiang ha preso l’avvio nel 2014 e si è accelerata nel 2016 quando Xi Jinping ha designato come segretario del partito della regione Chen Quanguo, che aveva organizzato tra il 2011 e il 2016 il sistema repressivo in Tibet, un’altra regione dove da molti decenni si esercita un’oppressione di tipo coloniale. Nel 2018 sono state mostrate le prime testimonianze – immagini satellitari – oltre che quelle di ex deportati fuggiti e rifugiatisi in Canada, il paese che finora ha preso la posizione chiara contro le violenze verso la popolazione degli uiguri.