Marco Pantani, il Pirata che 25 anni trionfò al Tour de France è ancora un pensiero fisso...
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Marco Pantani, il Pirata che 25 anni trionfò al Tour de France è ancora un pensiero fisso...

Il grande ciclista tu trovato morto in una stanza di un residence. Un caso giudiziario controverso. Ma noi ricordiamo solo il grande campione.

Marco Pantani, il Pirata che 25 anni trionfò al Tour de France è ancora un pensiero fisso...
Marco Pantani
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2 Agosto 2023 - 08.55


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di Andrea Matta

Il re della montagna, se ne è andato il 14 febbraio 2004, da solo, nella stanza D5 del residence “Le Rose” di Rimini. La sua morte di Marco è uno di quegli eventi che per chi è cresciuto a pane, Gazzetta e Televideo al canale 200, non dimentica facilmente. Forse perché non se l’aspettava nessuno, forse perché pensi che i miti sportivi non muoiano mai.


Sulla vicenda sono tanti, troppi, i punti in sospeso. Quello che però resta di Pantani sono le imprese sportive di un mito degli anni ’90. Le vittorie al Giro, al Tour de France in quell’incredibile doppietta del 1998 che ha incollato davanti ai teleschermi milioni di italiani che lo apprezzavano, amavano il suo gesto tecnico, il suo alzarsi sui pedali, lasciare gli avversari li, sul posto, e partire, da solo, verso la vittoria.


Il mito di Pantani è stato anche un mito televisivo. Le sue imprese sono state raccontate da tanti telecronisti e i video sono ancora oggi cliccatissimi su YouTube. Gli appassionati possono così vedere e rivedere i suoi scatti, le sue smorfie di dolore e sentire i racconti dei tanti incidenti che l’hanno visto protagonista: uno scontro contro un’auto nel 1995 oppure quando durante la Milano-Torino una vettura che viaggiava in senso contrario alla sede di gara gli procurò la frattura di tibia e perone.

Nel 1997, passato alla Mercatone Uno, dovette ritirarsi dal Giro d’Italia a causa di un altro incidente: un gatto attraversò la strada durante il passaggio del gruppo e Marco cadde a terra. Per lui, la lacerazione di un centimetro di fibre muscolari della coscia sinistra e corsa arrivata al capolinea. Pantani mise da parte la sfortuna e portò a casa due storiche tappe al Tour de France: all’Alpe d’Huez (la seconda in carriera su quella montagna) e a Monzine.


A un anno dello storico trionfo del 1998, la carriera di Marco subì un altro triste stop. Era il 5 giugno del 1999, intorno alle 10 vennero pubblicati i risultati dei controlli svolti dai medici dell’Unione Ciclistica Internazionale proprio in quella giornata: nel sangue di Pantani c’era una concentrazione di globuli rossi superiore al consentito, l’1% in più rispetto al tasso di ematocrito consentito. Il Pirata fu sospeso per quindici giorni e la sua gara, a due tappe dall’arrivo a Milano si fermò lì.


Lo shock è stato grande. La sua squadra si ritirò, il secondo in classifica generale, Paolo Savoldelli, si rifiutò di indossare la maglia rosa. “”Mi sono rialzato, dopo tanti infortuni, e sono tornato a correre. Questa volta, però, abbiamo toccato il fondo. Rialzarsi sarà per me molto difficile” disse Pantani all’uscita dall’albergo assediato da microfoni e telecamere. Per lui iniziò un altro periodo buio: lontano dalle corse e lontano dal suo mondo.

Nel 2000, Marco prova a riprende la sua corsa. Nel Giro fa da gregario a Garzelli e nel Tour combatte contro l’americano Armstrong ma non è più lui. Le condanne e i sospetti della giustizia sportiva lo mettono a terra. Al Giro d’Italia del 2003 combatte contro i più grandi, quelli che lui ha visto crescere. Il 21 giugno del 2003 entrò in una clinica specializzata in cura della depressione e della dipendenza da alcol. Fu dimesso due mesi dopo e continuò le cure con i medici personali. Il resto è storia nota.

In tanti hanno scritto e cantato le sue gesta. Gli Stadio, i Litfiba, i Nomadi, Baccini, Lolli, persino un gruppo punk-francese ha dedicato note e suoni al campione di Cesenatico. Su di lui sono stati girati anche due film: “Pantani, un eroe tragico” e “Il Pirata-Marco Pantani”. Tutto per Marco, tutti per raccontare la sua storia.

Pantani piaceva perché era un uomo autentico, gentile, amato dalla gente comune, dagli sportivi che in lui vedevano un mito. Marco era un uomo fragile, che ha detto basta troppo presto. I giovani aspettano la nascita di un mito nuovo, pulito, semplice, fallibile che viva la sua vita, cada e si rialzi per raccontare un’altra storia fatta di fatica, sudore e bicicletta.

A noi, innamorati dello sport, restano le immagini di quella folle corsa, di quello scatto e di quella fuga verso la vittoria.

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