In memoria di Sinisa Mihajlovic, la punizione più bella della storia
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In memoria di Sinisa Mihajlovic, la punizione più bella della storia

Sinisa Mihajlovic è morto a 53 anni, dopo una battaglia di 3 anni contro la leucemia. Lo abbiamo voluto ricordare con il suo gesto più bello, quel calcio di punizione che lo ha reso immortale.

In memoria di Sinisa Mihajlovic, la punizione più bella della storia
Sinisa Mihajlovic
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20 Febbraio 2024 - 02.30


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Sinisa Mihajlovic è morto. Quattro parole che, per chi ama e segue il calcio, hanno poco senso. L’ex giocatore, l’ex campione, l’ex allenatore e “guerriero”, aveva 53 anni e si è dovuto arrendere a una leucemia che ormai da tre anni lo aveva fiaccato nello sguardo, ancor prima che nel fisico.

Si dice banalmente che l’anima risieda negli occhi, una frase fatta che in molti casi può significare tutto e il suo contrario. Ma quello sguardo affilato, tagliato e tagliente, con cui Mihajlovic fissava il portiere avversario, poco prima di puntarlo e scaricargli addosso le sue punizioni spesso imparabili, raccontava molto del suo carattere.

Non la guerra, quella civile in Jugoslavia che ha segnato la sua adolescenza, non la sua cattiveria in campo e dietro un microfono, né le sue a volte scomode posizioni politiche (ma, per l’appunto, sue). Non la malattia che lo ha portato via alla famiglia in maniera “ingiusta e prematura”.

Sinisa Mihajlovic, per chi ha avuto la fortuna di conoscerlo e viverlo come calciatore, era e sarà per sempre un calcio di punizione. Quella rincorsa perfetta e mai diversa dalla volta precedente. Quel sinistro piccolo, un 41 scarso su cui poggiavano 183 centimetri di sapienza calcistica, contava i passi con una precisione maniacale, prima di allargare la falcata mentre si avvicinava al malcapitato pallone. Il braccio destro, roteava lungo il fianco e si stirava verso il cielo, a cercare l’equilibrio dell’arciere pronto a scoccare. E poi l’impatto, tagliente come quei due occhi affilati, prima del gol, quasi una sentenza.

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Roma, Sampdoria, lo scudetto con la Lazio, la senilità nell’Inter. Centrocampista che si è trasformato in difensore, jugoslavo che è nato e morto serbo, padre ed eroe per centinaia di migliaia di persone. Tutto in appena 53 anni. Pochi, con dolore, ma sufficienti a chiudere la più bella e immortale parabola mai calciata da fuori area.

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