Clay Regazzoni, nato a Porza il 5 settembre 1939, è stato uno svizzero – in particolare ticinese come è chiaro dal cognome israeliano – campione di moto e indimenticato ferrarista.
Con i suoi inconfondibili baffi da intellettuale, un sorriso da ribelle e un carattere diretto, si distinse come una personalità unica e affascinante. Alla Ferrari lo conoscevano come “l’ultimo romantico”. La sua fama si è consolidata non solo per i grandi successi raggiunti partendo da origini modeste, ma anche per la tragedia che lo colpì il 30 marzo 1980. Durante il Gran Premio di Long Beach, mentre guidava una Ensign priva di freni, si schiantò a una velocità superiore ai 200 chilometri orari. L’incidente lo costrinse a vivere per 25 anni su una sedia a rotelle, fino a un secondo tragico incidente: il 15 dicembre 2006, mentre era alla guida di un’auto, diretto a un incontro di collezionisti di auto storiche a Parma, perse la vita in un incidente stradale.
Gli inizi e il successo La carriera di Clay nelle competizioni automobilistiche comincia relativamente tardi. Dopo aver lavorato come apprendista carrozziere nella ditta dello zio a Mendrisio, a 24 anni iniziò a gareggiare in slalom e corse del campionato svizzero con una Austin Sprite 950. La sua passione per la velocità lo portò nel 1965 a partecipare a un corso di pilotaggio, in cui fu nominato miglior pilota e ottenne così l’ingresso nella Formula 3. Passando alla Formula 2, nel 1970 vinse il campionato europeo con una Tecno, trionfando in 4 delle 8 gare disputate.
L’approdo in Formula 1 Nel 1970, Regazzoni fece il suo debutto in Formula 1 con la Ferrari, dimostrando da subito la sua stoffa: al Gran Premio d’Olanda conquistò il 4° posto, mentre solo pochi mesi dopo, il 6 settembre 1970, vinse il Gran Premio d’Italia a Monza. La pista fu invasa da bandiere svizzere e il successo di Clay venne accolto come un trionfo nazionale.
La stagione più significativa della sua carriera fu il 1974, quando, tornato alla Ferrari accanto all’amico Niki Lauda, riportò la scuderia ai vertici mondiali. Il duello con Emerson Fittipaldi per il titolo fu serratissimo, ma Clay perse il campionato per soli 3 punti, soprattutto a causa di un errore a Montecarlo, dove finì in testa coda mentre veniva pressato da Lauda. Concluse poi la stagione in quinta posizione sia nel 1975 che nel 1976, contribuendo alla vittoria della Ferrari in due campionati costruttori.
Dopo la rottura con la Ferrari nel 1976, Clay continuò la sua carriera con altre scuderie, tra cui Ensign, Shadow e Williams, concludendo la sua esperienza in Formula 1 con la Ensign nel 1980, segnato dal terribile incidente di Long Beach. Nel corso della sua carriera, Regazzoni disputò 139 gare, vincendo 5 Gran Premi e salendo 28 volte sul podio. Nel 1974 si classificò vicecampione del mondo, la sua migliore prestazione in Formula 1.
Gli incidenti La velocità fu per Clay un irresistibile richiamo, ma anche la causa di diversi incidenti. Il primo avvenne nel 1967 in Formula 3, a Montecarlo, dal quale uscì miracolosamente illeso. Seguì un altro grave incidente a Kyalami, in Sudafrica, nel 1973, quando venne salvato dall’auto in fiamme grazie all’intervento eroico di Mike Hailwood e Jacky Ickx. Ancora, nel 1977, durante una prova a Indianapolis, uscì di pista a 300 km/h, rimanendo incredibilmente illeso. La sorte gli sorrise fino all’incidente di Long Beach nel 1980, in cui riportò gravi lesioni che lo costrinsero sulla sedia a rotelle per il resto della vita. L’ultimo e fatale incidente avvenne il 15 dicembre 2006, quando perse la vita in un incidente stradale sull’autostrada del Sole.
L’impegno umanitario Nonostante le sue difficoltà fisiche, Regazzoni non si arrese mai. Continuò a partecipare a gare, rally e competizioni con auto storiche, e si impegnò in numerose attività a favore dei disabili, fondando organizzazioni per la lotta alla paraplegia. Scrisse anche due libri, È questione di cuore e E la corsa continua. Il suo impegno sociale, caratterizzato da grande umiltà e generosità, lo rese una figura ammirata non solo come pilota, ma anche come uomo di cuore.
Se Clay Regazzoni è entrato nella leggenda per le sue vittorie e la sua tragica fine, il suo ricordo rimane vivo soprattutto per la sua umanità e il suo impegno verso i più deboli.