Francesco e Cavour: così lontani nel tempo ma così vicini nel credere nella laicità dello Stato
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Francesco e Cavour: così lontani nel tempo ma così vicini nel credere nella laicità dello Stato

La Civiltà Cattolica schiera una delle sue firme più prestigiose, padre Giovanni Sale, per tessere il gentile elogio di quello che per molti è il vero padre della Patria

Il conte di Cavour
Il conte di Cavour
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Riccardo Cristiano Modifica articolo

6 Agosto 2021 - 11.38


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Nel 160esimo anniversario della morte di Camillo Benso conte di Cavour La Civiltà Cattolica schiera una delle sue firme più prestigiose, padre Giovanni Sale, per tessere il gentile elogio di quello che per molti è il vero padre della Patria e che padre Sale presenta da subito come l’artefice della conversione dello statuto albertino: “preso alla lettera, riservava il potere esecutivo al re, il quale però lo esercitava attraverso un primo ministro, che rispondeva del suo operato soltanto a lui e non alle assemblee rappresentative. Il conte piemontese seppe fare del Parlamento regio, che sulla carta aveva funzioni limitate, il luogo dove si prendevano le più importanti decisioni dello Stato. In questo modo lassemblea parlamentare costituì un potente contrappeso allo strapotere regio, cioè al suo assolutismo, e alle forze reazionarie e conservatrici che dominavano i consigli della corona, senza però mai intaccare o mettere in discussione lautorità regia”. 

E’ una prima revisione centrata e importante che prosegue nella lettura dei due capisaldi del suo programma: in politica interna il compromesso, arte oggi poco apprezzata, che seppe usare per allargare il consenso e quindi l’attenzione al contesto europeo, un’altra virtù che oggi alcuni trascurano, per portare il Piemonte nel consesso delle grandi potenze, indispensabile per ottenere sostegno alla sua visione di unificazione nazionale: “ Cavour, insomma, facendo «grande» il Piemonte in Europa, intendeva anche spianare la strada a ununificazione nazionale a direzione piemontese, seppellendo per sempre il vecchio sogno neoguelfo – che in passato era stato propugnato da alcuni liberali cattolici – di una confederazione italiana guidata dal Papa o qualsiasi altro progetto «unitario» che non avesse nella monarchia sabauda il suo centro propulsore”. Ricordato che Cavour scelse il modello centralista e non quello regionalista che nella situazione del tempo avrebbe potuto favorire le spinte divisive si legge: “ Colui che fece lItalia […]  parlava e scriveva in francese e non ebbe mai troppa dimestichezza con lidioma di Dante: pare che si facesse correggere in buon italiano i testi che poi avrebbe letto in Parlamento. Anche se viaggiò molto in Europa, conobbe pochissimo lItalia: non scese mai più a sud di Firenze e non visitò né Roma né Napoli”. 

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Passando ai temi relativi alla religione padre Sale lo presenta come un deista, cioè un razionalista che poneva in secondo piano la rivelazione, ma che ebbe sempre rispetto della Chiesa, la cui funzione “ desiderava che fosse ristretta al solo ambito spirituale, sebbene a volte fosse costretto a combatterla, non tanto per annientarla, ma per renderla più omogenea a una società e a uno Stato di tipo liberale, diminuendone i privilegi e le ricchezze. Non mise mai in discussione larticolo 1 dello Statuto del Regno, che riservava alla religione cattolica il posto di religione unica e ufficiale”. Quando Vittorio Emanuele II fu proclamato re d’Italia Pio IX disse ai cardinali che non poteva acconsentire alla “vandalica spoliazione”, come il Vaticano ribadì nella nota di protesta inviata a tutte le cancellerie: “Cavour affermò che nel nuovo ordine europeo e italiano il potere temporale dei Papi era divenuto ormai anacronistico e non costituiva più unefficace garanzia di indipendenza e di libertà per il Pontefice, il quale, per assicurare lincolumità del proprio Stato, avrebbe dovuto affidarsi – come di fatto era avvenuto negli ultimi tempi – a «truppe straniere e dipendere da Stati secolari». Cavour sosteneva che la libertà della Chiesa nella nuova Italia poteva essere assicurata soltanto da uneffettiva separazione tra la Chiesa e lo Stato, secondo il principio «libera Chiesa in libero Stato», già adottato dai cattolici liberali in Belgio nel 1830, per difendere la libertà della Chiesa dalle ingerenze delle nuove monarchie restaurate”. 

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Sorprende oggi leggere un passo di Cavour che sembra mettergli in bocca quanto ha detto Francesco al riguardo della indispensabile laicità dello Stato: “La più grande sventura per un popolo, egli disse, è quella di «vedere riunita in una sola mano dei suoi governanti il potere civile e il potere religioso».”  Se non sono le stesse parole ci manca poco. I tempi cambiano, ma ci volle tempo per capire: per  Pio IX  Cavour era “antipapa e quasi nemico di Gesù Cristo”. E si arriva a un particolare molto importante, la scomunica maggiore per coloro che avevano cooperato con la spoliazione del papa senza citare personalmente Cavour né il re. Così  Cavour, che “già durante la malattia si era assicurato i conforti religiosi in punto di morte. Questi di fatto gli furono amministrati dal cappuccino p. Giacomo da Poirino, il quale però non pretese da lui nessuna ritrattazione. Avvertito della cosa, Pio IX chiamò a Roma il cappuccino e lo invitò a riconoscere la sua colpa. Giacomo da Poirino non volle ammettere di aver agito contro le leggi della Chiesa e, come sanzione, il Papa lo privò della facoltà di confessare e lo sospese dalle funzioni parrocchiali”. 

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Ma il punto rilevante è un altro, è la citazione di come la stessa Civiltà Cattolica fosse al tempo in prima linea contro la peste liberale, citando quelli che venivano chiamati “i veri cattolici, i soli che contano”, rispetto a quelli ai quali faceva appello Cavour. E’ questo il passo commovente di questo articolo: il superamento dell’ intransigentismo cattolico non è certo di oggi, è materia acquisita da decenni e decenni,  ma quel “veri cattolici” ha senso ancora oggi e merita di essere capito appieno. Padre Giovanni Sale infatti ricorda che La Civiltà Cattolica pubblicò un articolo del cattolico francese Montalembert, uno scritto veemente contro Cavour: “Il vostro liberalismo – scrive Montalembert – nulla ha che fare col mio: e per conseguente dolce mi è il credere […] che il mio liberalismo più che mai perseverante e convinto, nulla ha che fare con codesto vostro, sì giustamente vituperato dal Sommo Pontefice». Il contenuto apertamente e volutamente apologetico – soprattutto nelle parti di ricostruzione storica – del lungo scritto di Montalembert a volte oltrepassa la realtà dei fatti e la verità del confronto. Così viene indebolita la causa che egli intende difendere. Meraviglia, inoltre, che non venga spesa nemmeno una parola in difesa degli ordinamenti costituzionali – già in vigore nel nuovo Stato unitario – da parte di uno dei maggiori sostenitori in Francia della causa costituzionale”.

Straordinario: come lo è che oggi sia La Civiltà Cattolica a ricordarci Cavour, un italiano atipico, che meritava di essere ricordato con tratto gentile in un Paese che dovrebbe riscoprire l’importanza di compromesso e consesso internazionale.  

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