Quando Salvini scrisse il suo vangelo secondo Matteo fece un’operazione politica “classica”. Rappresentò il mondo cattolico come spaccato tra seguaci di papa Francesco e i seguaci di papa Benedetto. Non era e non è così, ma il suo vangelo diceva “il mio papa è Benedetto”, nemico dell’islam, nemico dell’immigrazione, nemico dei gay.
Il vangelo secondo Matteo (Salvini) reinventava un cattolicesimo antico, fatto di Madonne Pellegrine e di novene contro i saraceni invasori, attribuendolo a Ratzinger.
Benedetto XVI ovviamente non è questo.
Ora a scrivere il suo vangelo è Meloni, e il suo vangelo secondo Giorgia è molto diverso. Nel discorso a Madrid, che Globalist ha fatto benissimo a riprendere e presentare, abbiamo infatti un discorso analogo ma formulato in modo opposto. Il vangelo secondo Giorgia mira infatti a prendere tutti i temi portanti del pontificato per capovolgerne il senso, dimenticando completamente Benedetto.
Nel suo discorso lei parte dal tema principe di Jorge Mario Bergoglio, di papa Francesco, la cultura dello scarto. Ma non dice che scartati sono i poveri, gli immigrati, gli anziani, tutti coloro che non servono a un’economia che uccide. No, questa “economia che uccide” sparisce, rimane così l’aborto, che Francesco non ha mani estratto come clava politico sociale dal contesto in cui si manifesta. Poi abbiamo la difesa della famiglia e l’attacco al gender come colonizzazione. E’ un punto chiaro in Francesco, che non traduce il no al gender in no agli omosessuali, ai transgender, alle lesbiche.
Anzi, la sua apertura alle unione civili per omosessuali è noto e databile a molto prima dell’inizio del suo pontificato, quando qui si definivano i Pacs un’inammissibile “mini-matrimonio”.Francesco dice no al gender perché è una nuova ideologia. E lui è il papa che rifiuta tutte le ideologie, anche l’ideologia gender. Ma di rifiuto delle ideologie e di difesa degli omosessuali e transgender come persone da rispettare e amare non v’è traccia.
La famiglia di Francesco non è una clava contro qualcuno, anzi, è una famiglia che include pur rispettando la diversità tra matrimonio e unione civile.
Ma il discorso si fa ancor più rilevante quando si arriva all’idea di popoli, popoli da difendere, non da omologare in una globalizzazione che appiattisce tutto. Questo è il fondamento del pensiero di Francesco, lo disse da subito, parlando di globalizzazione sferica, che rende tutti uguali rispetto al centro, e globalizzazione poliedrica, dove tutto si unisce nella diversità e nella sua interdipendenza. Così i popoli evolvono, cambiano, crescono, mentre nel vangelo secondo Giorgia vivono in un tempo che ricorda quello dell’orda, dove passato, presente e futuro non si differenziano. Un popolo qui avrebbe una voce, un leader, un senso eterno. Questo popolo è l’esatto contrario dei popoli di Francesco, che come tutti i corpi vivi evolvono, crescono, si arricchiscono di altre realtà, di altre identità, non sono mummie fuori dalla storia. Camminano.
Il vangelo di Giorgia così esclude dai popoli gli immigrati, vedendo in essi dei poveri che vengono a rubare il pane ai “nostri poveri”.
Qui il vangelo di Giorgia tocca il livello più evidente di opposizione al magistero pontificio, che seguita però ad essere usato come bussola per convincere i cattolici che la sua linea è la vera traduzione politica di quanto dice il papa. Questa linea è evidente anche quando tocca l’Europa, Europa non della tecnocrazia ma delle diversità. Dice proprio così, come il papa. Ma quali diversità? Quelle codificate dalla “storia solo cristiana”: spariscono ebrei, musulmani, non credenti, illuministi. E’ solo una diversità di nomi, di Stati, che esprimono come tali la cultura dei loro popoli, immodificabili.
Il vangelo secondo Giorgia è un manifesto che cita senza nominarlo Francesco ma per capovolgere Francesco. Un’operazione da disvelare.
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