Il precedente: la morte di Celestino V prigioniero in una cella della rocca di Fumone
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Il precedente: la morte di Celestino V prigioniero in una cella della rocca di Fumone

Pietro da Morone, ossia Celestino V, che fece il gran rifiuto più di sette secoli fa, passò gli ultimi dieci mesi di vita nel castello di Fumone, paese dell'alta Ciociaria

Il precedente: la morte di Celestino V prigioniero in una cella della rocca di Fumone
Celestino V
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31 Dicembre 2022 - 12.18


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Un precedente molto lontano nel tempo e molto più feroce. Cosa accadde l’altra volta, con Pietro da MoroneCelestino V, che fece il gran rifiuto più di sette secoli fa, passò gli ultimi dieci mesi di vita nel castello di Fumone, paese dell’alta Ciociaria che aveva il pregio di essere sotto il controllo delle grandi famiglie cardinalizie dell’epoca, i Caetani e i Di Segni per primi. Celestino, si sa, morì in disgrazia e la rocca di Fumone, a parte il pessimo clima invernale, lo accolse di conseguenza: una cella che, secondo la tradizione, era talmente bassa da non permettergli nemmeno di alzarsi in piedi.

Ancora adesso la si può visitare, con la cappella annessa che fu costruita nel Settecento. Il 19 Maggio 1296 Celestino V, papa in cattività, muore intorno alle ore 16. Aveva 87 anni. Narrano le cronache di Tommaso da Sulmona che sta recitano il vespro, e il trapasso avviene mentre pronuncia l’esortazione «Ogni spirito di vivente lodi il Signore». Lo spirito di santità aleggia da tempo attorno alla sua persona.: «La morte, lui l’aveva già preannunciata ai suoi frati. Aveva infatti, un accesso sul fianco destro che lo faceva soffrire assai. Chiese che gli fosse somministrato l’estrema unzione e disse ai confratelli di lasciarlo riposare”

 Non manca una manifestazione inspiegabile: nel momento della morte viene visto, nei pressi della cella, un globo luminoso di fuoco che, sospeso in aria, si trasforma in croce d’oro. Rimane visibile dalle ore sei fino al Vespro, poi scompare. Appare invece l’immagine del monaco eremita ad uno dei suoi accoliti più cari, Roberto di Salle, che pur si trova a chilometri di distanza. Due giorni dopo, il funerale. Inutile dire che si svolge a Fumone lontano da Roma e dalla corte di Bonifacio VIII. Durante le esequie si registra la guarigione dalla tisi di un giovane frate e di un canonico.

I due renderanno testimonianza nel corso del processo di canonizzazione, ma questo non riporterà la salma a Roma. Anzi, il corpo viene sepolto a Ferentino, nella Chiesa del Convento Celestino di S. Antonio: anche qui in Ciociaria, anche qui sotto l’occhio vigile delle nobili famiglie romane. Non sarebbe bastato: la fama del monaco e le voci non controllabili sui portenti e sui miracoli dette la stura ad un vero e proprio flusso di pellegrini, pronti ad acclamare le virtù di quell’uomo che la vox populi indicava già come santo. A Roma Papa e curia si preoccuparono ed il 23 luglio 1296 Bonifacio ordinava ai vescovi di impedire nuove partenze per Fumone, Ferentino o anche per l’Aquila, dove Pietro da Morone aveva istituito la Perdonanza.

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