Si sarebbe potuto parlare della decisione di Benedetto XVI di dimettersi da Romano Pontefice. Un atto poco tradizionalista, storia alla mano, per il papa che si vorrebbe presentare come tradizionalista da parte dei tradizionalisti.
Si sarebbe potuto parlare delle due casse di documenti segreti che lui consegnò, ben in vista davanti a tutte le telecamere, a papa Francesco appena eletto, quando lo andò a trovare a Castel Gandolfo. Un gesto poco ostile verso il nuovo papa da parte del dimissionario che si vorrebbe ostile al suo successore.
Si è parlato invece della messa in latino, che Benedetto XVI riammise (su richiesta) nel 2007 e che è rimasta accessibile come da lui disposto fino al 2021, cioè otto anni dopo l’elezione di Francesco, che ha preso atto così tanto tempo dopo delle difficoltà e dei problemi attuativi di quella disposizione. Infatti nel suo decreto che ha modificato la precedente disposizione di Benedetto, Francesco ha scritto: “Nel solco dell’iniziativa del mio Venerato Predecessore Benedetto XVI di invitare i vescovi a una verifica dell’applicazione del Motu Proprio Summorum Pontificum, a tre anni dalla sua pubblicazione, la Congregazione per la Dottrina della Fede ha svolto una capillare consultazione dei vescovi nel 2020, i cui risultati sono stati ponderatamente considerati alla luce dell’esperienza maturata in questi anni”.
Constatare questo fa pensare che abbia ragione il Segretario di Stato Vaticano, Pietro Parolin, quando dice: : “La contingenza storica che ha visto convivere nello stesso tempo due Successori di Pietro ha configurato per la Chiesa una situazione istituzionale inedita, che poteva anche essere delicata. Qualcuno magari ha pensato di approfittarne, e magari ci ha anche provato, per spargere confusione. Ma non è riuscito nel suo intento”.
È evidente che l’intento non si è estinto e queste ore, anche in alcuni commenti, lo confermano. Il fallimento della confusione, per Parolin, è derivato dalla “fede del Papa e del Papa emerito e per le preghiere del Popolo di Dio, che li ha sempre abbracciati e sostenuti tutti e due e la prossimità fraterna tra papa Francesco e il Papa emerito Benedetto XVI l’abbiamo vista tutti. L’affetto espresso nei loro abbracci, negli sguardi e nelle parole che si scambiavano nei loro incontri è stato per tanti motivo di commozione e di consolazione. Certo, loro hanno avuto temperamenti, sensibilità, idee, preferenze, percorsi esistenziali diversi. Anche questo fa parte della bellezza della Chiesa e dello stesso ministero dei Successori di Pietro”.
Fa parte anche di una cultura, quella della “tensione polare”, in cui i poli coesistono e non si elidono, che Francesco propone dall’inizio del suo pontificato. La sua certezza che il tempo sia superiore allo spazio, e che quindi la Chiesa debba occuparsi più di avviare processi che di gestire spazi, appare però troppo lontana per i tradizionalisti, ancorati alla gestione come è sempre stata. È su questo rischio umano e culturale che chi non ha seguito con interesse la vicenda storica di questi anni coinvolgenti appare orientato a tornare a schemi vecchi.
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