Katër i Radës: quando un improvvido blocco navale provocò la strage del venerdì santo
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Katër i Radës: quando un improvvido blocco navale provocò la strage del venerdì santo

Il 28 marzo del 1997, una nave militare italiana speronò in acque internazionali la carretta del mare Kater I Rades, provocandone l’affondamento con la morte di 105 persone, molte delle quali donne e bambini.

Katër i Radës: quando un improvvido blocco navale provocò la strage del venerdì santo
Il relitto della Katër i Radës
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28 Marzo 2023 - 09.23


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Il 28 marzo del 1997, una nave militare italiana speronò in acque internazionali la carretta del mare Kater I Rades, provocandone l’affondamento con la morte di 105 persone, molte delle quali donne e bambini.

 Fuggivano dal caos che era scoppiata in Albania dopo il fallimento delle Piramidi finanziarie. Il presidente Sali Berisha ,aveva dichiarato lo stato d’emergenza.

Il caos albanese

Dopo la caduta del regime comunista, all’inizio degli anni Novanta l’Albania si ritrovò in una situazione molto complicata e difficile. Il paese era politicamente isolato, con un livello di criminalità molto elevato, povero e arretrato da un punto di vista economico. Il governo albanese cercò di porre rimedio con una serie di riforme, tra cui quella delle cosiddette “imprese piramidali” che funzionavano come delle banche ma con un tasso di interesse molto alto. Nel gennaio del 1997 la maggior parte di queste imprese fallì e un terzo delle famiglie albanesi perse i propri risparmi. 

A Tirana cominciarono proteste che poi si estesero anche in altre città, durarono mesi e diventarono sempre più violente fino a quando l’allora presidente della Repubblica, Sali Berisha, dichiarò lo stato d’emergenza: solo una piccola parte del territorio albanese era rimasto sotto il controllo dello governo, mentre la maggior parte del sud e delle zone centrali (Tirana, Durazzo, Valona) erano gestite da bande armate. Fu in questa situazione – che viene storicamente ricordata come “anarchia albanese” – che cominciò a aumentare l’emigrazione verso l’Italia.

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Il governo Prodi
In quell’anno di grave crisi e disordine per l’Albania, in Italia al governo c’era il centrosinistra e il presidente del Consiglio era Romano Prodi. Il ministro degli Esteri era Lamberto Dini; alla Difesa c’era Beniamino Andreatta e agli Interni Giorgio Napolitano. Il governo italiano decise di adottare una duplice strategia: da una parte offrire accoglienza temporanea nei casi di bisogno effettivo, con l’immediato ri-accompagnamento di coloro a cui non era riconosciuto quel bisogno, dall’altra parte evitare un afflusso massiccio di migranti verso l’Italia tramite un accordo con l’Albania.

Il 19 marzo del 1997 venne adottato un decreto legge che regolamentava i respingimenti; il 25 marzo venne firmato un accordo con l’Albania per il contenimento del traffico clandestino di profughi. L’accordo parlava ufficialmente di un «efficace pattugliamento» delle coste dell’Adriatico e dava alla Marina disposizioni per fare «opera di convincimento» nei confronti delle barche di migranti provenienti dall’Albania: in pratica però fu un vero e proprio “blocco navale”, criticato apertamente dall’Onu.

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L’accordo prevedeva un controllo nelle acque territoriali albanesi affidato al 28° Gruppo Navale italiano, che operava regolarmente armato e pronto a rispondere al fuoco se provocato (aveva a disposizione anche un contingente di terra per il controllo dell’area portuale, del porto e del lungomare sul quale si trovavano le aree di partenza dei cosiddetti “scafisti”); una seconda fascia, costituita da navi d’altura, aveva il compito di sorvegliare lo spazio marittimo tra Albania e Italia per intercettare le barche con i migranti; la terza fascia doveva recepire la situazione trasmessa dalle unità d’altura e agire per contenere l’entrata nelle acque territoriali italiane.

Cosa avvenne il 28 marzo del 1997
Pochi giorni dopo la promulgazione degli accordi una motovedetta albanese carica di donne e bambini, la Katër i Radës, fu speronata nel canale d’Otranto dalla Sibilla, una corvetta della Marina militare italiana che ne contrastava il tentativo di approdo sulla costa italiana. Si rovesciò in pochi minuti: morirono 81 persone, ne sopravvissero 32.

Quel giorno a svolgere le operazioni di pattugliamento nel canale d’Otranto c’erano cinque navi della marina Italiana: le fregate Zeffiro, Aliseo, Sagittario, il pattugliatore Artigliere e la corvetta Sibilla. Le prime quattro avevano il compito di perlustrare le acque internazionali vicino alle coste albanesi. La corvetta Sibilla, invece, aveva compiti e funzioni difensive diverse: collocarsi al confine tra le acque italiane e quelle internazionali, controllando la seconda linea.

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La Katër i Radës era stata rubata al porto di Saranda da un gruppo che gestiva il traffico di migranti. Nel pomeriggio del 28 marzo, intorno alle 15, partì da Valona carica di circa 120 persone, tra uomini, donne e anche molti bambini, molte più di quante ne potesse contenere. Alle 17.15 fu avvistata dalla fregata Zeffiro impegnata nell’operazione del blocco navale. La Zeffiro intimò alla Katër i Radës di invertire la rotta ma la nave albanese proseguì. Quindici minuti più tardi della nave iniziò a occuparsi la corvetta Sibilla, più piccola ed agile, che iniziò a effettuare le manovre di allontanamento, avvicinandosi in cerchi sempre più stretti alla Katër i Radës. Alle 18.57 avvenne l’urto. La Sibilla colpì la piccola nave (il ponte era lungo circa 20 metri) due volte: una prima, sbalzando molte persone in acqua e una seconda capovolgendola. Alle 19.03 la nave affondò. 

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