I sessant’anni dalla promulgazione dell’enciclica di Giovanni XXIII “Pacem in Terris” sono stati giustamente ricordati da molti. In effetti quell’enciclica conserva una grande importanza e attualità, soprattutto per quel che è stato ricordato, quel nuovo rivolgersi a “tutti gli uomini di buona volontà”, senza barriere, una scelta fondativa del nuovo umanesimo cristiano, o quanto meno cattolico. “Pacem in terris”, un titolo che presuppone un rivolgersi attento e partecipe al mondo che aveva scoperto il proletariato, l’emancipazione femminile e i popoli del cosiddetto Terzo Mondo. Quel pezzo di titolo, “in Terris”, abbandona una visione dottrinalista che avrebbe preferito l’espressione “in veritate”. E questo ci porta al rilievo meno ricordato di quell’enciclica, la scelta di Giovanni XXIII di lasciare le grandi eccezioni che proprio il dottrinalismo, il tradizionalismo cattolico, a mezzo del teologo del Sacro Palazzo, il padre domenicano Luigi Ciappi, e in via subordinata del teologo moralista dell’Università Gregoriana, il gesuita Georges Jarlot, tentò di opporre alla promulgazione del testo.
Ecco, oggi sessanta anni dopo, quelle eccezioni, come anche la scelta del papa di non chiedere il parere del Sant’Ufficio, oggi Congregazione per la Dottrina della fede, spiccano non solo per capire cosa fece Giovanni XXIII, ma anche per capire cosa fa Francesco. Perché il mondo di ieri, quello innamorato dell’Ottocento, non è scomparso.
Le grandi eccezioni presentata a un’enciclica che si presentava basata sul riconoscimento dei Diritti dell’Uomo, non di Dio, erano fondamentalmente cinque e per capirle occorre ricordare che l’Enciclica scritta dal padre Pavan e condivisa dal Papa indicava quattro capisaldi per raggiungere la “Pacem in Terris”: e cioè l’essere “nella verità, nella giustizia, nell’amore, nella libertà”. Si è letto bene: nella libertà!
I due teologi, in particolare qui ci si riferisce alle eccezioni formulate dal padre Ciappi, obiettarono che dire che ogni uomo ha diritto alla libertà appariva in evidente contrasto con la condanna del liberalismo da parte dei papi dell’Ottocento. Quindi si obiettava che, con l’affermazione che Dio va onorato secondo coscienza, si potevano legittimare interpretazioni pericolose, contrarie alla “retta” dottrina. La terza obiezione riguardava la donna, perfettamente pari all’uomo nel testo giovanneo, una posizione in contrasto con quanto affermato da San Paolo. La quarta eccezione eccepiva sulla definizione di “ingiusta” di ogni autorità che pone in essere atti contrari all’ordine morale e che per il padre Ciappi legittimava l’opposizione al potere costituito. Infine la quinta, la più nota: come poteva il Papa distinguere tra teorie erronee (il marxismo) e i movimenti politici nati da essi ( il movimento operaio)? Tutto questo noi lo sappiamo per certo grazie alla ricostruzione pubblicata anni fa dal professor Alberto Melloni- con copie fotostatiche dei testi- di tutta la fase di elaborazione del testo, dalla prima stesura ai commenti richiesti alle riformulazioni avvenute fino alla definizione del testo ufficiale.
Dunque sappiamo che Giovanni XXIII lasciò cadere tutte queste eccezioni, fece qualche concessione sulla coscienza, con una richiamo alla coscienza “rettamente formata”. E proprio per questo la sua enciclica parla ancora al mondo, ai cittadini del Terzo Millennio, di tutto il mondo. L’aver respinto queste eccezioni ha fondato 60 anni fa quell’evoluzione che poi ha portato ai grandi documenti del Concilio Vaticano II e della sua attualità. Ecco perché l’enciclica “Fratelli tutti” è stata possibile, perché è un’enciclica moderna e perché molti continuano – pensando come i teologi che tentarono di fermare Giovanni XXIII- a non capirla.
Nel corso degli anni ha avuto risalto, soprattutto nei mondi interessati, la grande distinzione tra teorie erronee e movimenti politici nati da esse. Oggi che siamo usciti dall’epoca delle contrapposizioni ideologiche è la simultanea ricerca di “verità, giustizia, amore e libertà” che colpisce. Per quanto attiene invece all’ingiustizia di ogni autorità che pone in essere atti contrari all’ordine morale ( basti pensare a quanto accade nel nostro Mediterraneo) Francesco si è dimostrato capace di attualizzare questo enorme passo avanti scrivendo nella sua “Evangelii Gaudium”: “ In molte parti del mondo, le città sono scenari di proteste di massa dove migliaia di abitanti reclamano libertà, partecipazione, giustizia e varie rivendicazioni che, se non vengono adeguatamente interpretate, non si potranno mettere a tacere con la forza”. Tutte le voci che ignoriamo ma che chiedono “libertà” in mezzo mondo non si potranno mettere a tacere con la forza.
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