Nel tempo in cui la parola è alle armi si censura Rovelli che è contro le armi: ma almeno c'è il Papa...
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Nel tempo in cui la parola è alle armi si censura Rovelli che è contro le armi: ma almeno c'è il Papa...

Inizia la “missione” del Vaticano annunciata da Francesco per favorire il cessate il fuoco e l’avvio di una trattativa tra le parti. E qui si inserisce anche l’iniziativa diplomatica avviata dalla Cina

Nel tempo in cui la parola è alle armi si censura Rovelli che è contro le armi: ma almeno c'è il Papa...
Zelensky e Papa Francesco
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Claudio Visani Modifica articolo

13 Maggio 2023 - 17.21


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Ne scrivo nel giorno della visita di Zelensky a Roma, a incontri in corso, tra la telecronaca surreale della Maratona Mentana – “ecco, è arrivato al Quirinale ed è uscito il sole” –, le armocromie simmetriche della Meloni – ieri in bianco dal Papa, oggi in tenuta da cavallerizza col presidente in mimetica -, le professioni di fede dell’ospite d’onore nella vittoria dell’Ucraina e l’attesa del faccia a faccia più importante, quello con Francesco, la voce più autorevole fuori dal coro guerrafondaio. Ne scrivo nel tempo in cui la parola è alle armi, lo scontro tra gli imperi per il predominio sul mondo è all’apice, la pace sembra un miraggio, ma sempre più convinto che “abolire la guerra è l’unica speranza per l’umanità”, come sognava Gino Strada. Ne scrivo con i post-fascisti al potere in Italia, quando un nostalgico della dittatura di Pinochet figlio di un nazista vince le elezioni in Cile e le destre nazionaliste e sovraniste dilagano in mezza Europa. 

Ne scrivo, infine, mentre rispunta la censura per isolare e silenziare chi si distingue dal pensiero unico. È accaduto ieri con il fisico e scrittore Carlo Rovelli, che doveva rappresentare l’Italia alla fiera del libro di Francoforte ma si è visto cancellare il suo evento dal presidente degli editori italiani per “non creare imbarazzo alle istituzioni”. Una censura preventiva dopo che al concertone del primo maggio a Roma Rovelli aveva osato dire che in Italia “il ministro della Difesa è stato vicinissimo a una delle più grandi fabbriche di armi del mondo”, criticando l’aumento delle spese militari e “i piazzisti di strumenti di morte”. A escluderlo non è stato un personaggio della destra estremista, bensì un giornalista e politico di gran nome, Ricardo Franco Levi, che fu anche sottosegretario alla Presidenza del Consiglio nel secondo governo Prodi. Il che rende ancora più inquietante e penosa questa vicenda. 

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Un episodio che fa il paio con quel che era accaduto un anno fa, poche settimane dopo l’invasione dell’Ucraina, quando l’Università Bicocca di Milano “per evitare ogni forma di polemica in questo momento di forte tensione” decise di rinviare il ciclo di lezioni su Dostoevskij che avrebbe dovuto tenere lo scrittore parmigiano Paolo Nori, grande e appassionato ed esperto di letteratura russa. L’Università, travolta dalle critiche, fece poi marcia indietro, ma nel frattempo Nori aveva già deciso di portare altrove le sue lezioni su Dostoevskij. Episodi che la dicono lunga sull’aria che tira e sui pericoli che si prospettano per la libertà di pensiero e di stampa, cardini della democrazia, anche alla luce dell’omologazione in atto nel sistema dei media e di quel che sta accadendo in Rai.  

Ma torniamo all’incontro di Zelensky con il Papa che avviene in un momento molto delicato e forse decisivo della guerra in Ucraina. Se la controffensiva annunciata dal governo ucraino e la volontà dell’Occidente che lo sostiene di sconfiggere la Russia saranno confermati, diventerà impossibile qualsiasi ipotesi di tregua e compromesso. L’unica prospettiva, a quel punto, sarebbe una nuova carneficina e una escalation del conflitto dalle conseguenze internazionali imprevedibili. Potrebbe bastare un incidente a far precipitare le cose verso la Terza Guerra Mondiale e l’incubo nucleare. La sensazione è che se la controffensiva non è ancora iniziata non sia solo per i nuovi super armamenti ripetutamente richiesti da Zelensky a americani e britannici (jet, missili a lungo raggio, armi capaci di colpire la Russia e non solo di difendere l’Ucraina) e non ancora arrivati a Kiev, ma sia anche per prendere tempo. 

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Qui si inserisce la “missione” del Vaticano annunciata da Francesco per favorire il cessate il fuoco e l’avvio di una trattativa tra le parti. E qui si inserisce anche l’iniziativa diplomatica avviata dalla Cina che pare intenzionata a dare corpo e sostanza al suo piano di pace – sciaguratamente bocciato dagli Stati Uniti e dall’Europa prima ancora che venisse presentato – nelle annunciate visite in Ucraina, Russia, Germania, Francia e Polonia.

Certo, a questi tentativi manca ancora il via libera dei due giocatori decisivi di questa partita, Putin e Biden, che finora non hanno aperto il minimo spiraglio alla trattativa. Ma le parole e le iniziative di pace del Papa e della Cina godono del consenso di una parte rilevante, secondo i sondaggi maggioritaria, dell’opinione pubblica mondiale. Se Usa e Gran Bretagna decidessero di andare a vedere le carte e aprissero al compromesso con la Russia, forse la guerra si potrebbe ancora fermare. Sempre che la si voglia fermare. Perché, al di là della propaganda, della retorica e dei pensieri unici, da che mondo è mondo sono le ragioni economiche e i rapporti di forza a determinare le guerre per stabilire nuovi equilibri geopolitici e di potere.

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