Migranti, corridoi lavorativi e cura dei minori: le vie alternative al securismo
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Migranti, corridoi lavorativi e cura dei minori: le vie alternative al securismo

Migranti, corridoi lavorativi, cura dei minori. Le vie alternative al securismo

Migranti, corridoi lavorativi e cura dei minori: le vie alternative al securismo
Corridoi lavorativi
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

26 Maggio 2023 - 13.14


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Ai securisti al governo consigliamo di prendere nota di una esperienza esemplare che tiene insieme sicurezza, legalità e inclusione: i corridoi lavoratovi

Un’esperienza da moltiplicare

È arrivato all’aeroporto di Fiumicino, con un volo di linea dal Pakistan, un primo gruppo di 9 rifugiati afghani, giunti grazie all’attivazione per la prima volta di un progetto pilota di “Corridoi lavorativi”. Insieme ci sono anche le loro famiglie e altri profughi di nazionalità afghana. Promossi e realizzati dalla Conferenza Episcopale Italiana, attraverso Caritas Italiana, nell’ambito del progetto EU-Passworld co-finanziato dal fondo Amif, la sperimentazione è la prima a livello europeo e parte dalle positive esperienze dei Corridoi Umanitari, che hanno visto arrivare in Italia negli ultimi tre anni oltre seimila persone.

“L’obiettivo è di trasferire in Italia un certo numero di beneficiari individuati in Paesi terzi sulla base dei criteri previsti dai protocolli nazionali siglati con il Governo italiano a cui si aggiunge la verifica di competenze professionali per poter essere inseriti al lavoro presso aziende in Italia”, spiega Oliviero Forti, responsabile dell’Ufficio Politiche migratorie e Protezione internazionale di Caritas Italiana. L’iniziativa si basa su una forma innovativa di collaborazione tra Caritas Italiana – che si occupa dell’individuazione di beneficiari con bisogno di Protezione Internazionale in Paesi di primo asilo nell’ambito dei protocolli già siglati di corridoi umanitari, del loro trasferimento in Italia e dell’accoglienza materiale attraverso la rete delle Caritas diocesane – e Consorzio Communitas, che garantisce il contatto con le aziende, il tutoraggio aziendale, la formazione al lavoro e l’accompagnamento costante. Proprio il contatto con una azienda e l’inserimento lavorativo della persona rifugiata rappresenta una delle novità rilevanti della sperimentazione, perché assicura una sostenibilità nel tempo dell’accoglienza e una maggiore certezza di integrazione della persona rifugiata.

“Prima dell’arrivo in Italia – spiega ancora Oliviero Forti – le persone rifugiate seguono un percorso che si discosta parzialmente da quello previsto per i corridoi umanitari in quanto non solo vi è la necessaria verifica circa la loro vulnerabilità, ma si prova a valorizzare le loro competenze professionali attraverso corsi di italiano e colloqui on line con aziende disponibili ad assumerli una volta giunti nel nostro paese. I primi nove beneficiari arrivati oggi a Roma, insieme a tre membri delle loro famiglie, saranno ora ospitati dalle Caritas di Firenze e di Milano. Si tratta di ingegneri civili, graphic designer, dentisti e di altri professionisti, ai quali si aggiungeranno a giugno un secondo gruppo di 6 beneficiari.

“Accogliere, proteggere, promuovere, integrare. Sono le parole di riferimento che ci ha dato papa Francesco sul nostro impegno verso migranti e rifugiati”, ricorda don Marco Pagniello, Direttore di Caritas Italiana. “Questo progetto, che speriamo possa diventare un modello su base italiana ed europea, dimostra che è possibile concretizzare quelle quattro azioni in modo tale che tutti i soggetti coinvolti ne siano protagonisti e ne traggano vantaggio: le persone rifugiate, le comunità e i soggetti pubblici e privati”.

I minorenni migranti soli sfondano quota 20mila

Una emergenza vera. A darne conto, su Vita, è Sara De Carli.

“Sono 20.681 i minori stranieri non accompagnati presenti in Italia. Lo registra il report mensile sui Msna del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, a fine aprile.

Un trend già chiaro da alcuni mesi, con dicembre che era già arrivato a contare 20.089 che poi nei mesi successivi erano scese ma rimanendo sempre ben sopra quota 19mila. Numeri lontani da quelli degli anni precedenti: a fine 2021 eravamo a 12.284 minori e anche negli anni in cui gli sbarchi erano più intensi (il 2016-17, quelli dell’emergenza in cui maturò anche la legge Zampa sui Msna) i minori migranti soli erano meno di oggi: al 31 dicembre 2017 erano 18.308 i Msna presenti in Italia, un anno prima 17.373.

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Uno su quattro viene dall’Egitto (24,6%) e più di uno su cinque dall’Ucraina (22,8%). L’Ucraina quindi non è più il primo paese di provenienza, per la prima volta dall’aprile 2022: dopo un anno intero, a fine aprile erano 4.706 i Msna fuggiti dal conflitto, dietro i 5.094 dall’Egitto. Il picco di minori ucraini è stato raggiunto nel luglio 2022, con 5.577 presenze. Oggi l’86,2% dei MSNA sono maschi, il 13,8% femmine. Il 44,5% ha 17 anni. Nel solo mese di aprile i nuovi minori migranti soli registrati sono stati 2.046, di cui 1.539 da sbarchi e 507 ritrovati sul territorio: un terzo dei nuovi ingressi proviene dall’Egitto, seguito poi da Tunisia, Guinea e Costa d’Avorio. L’Ucraina resta invece il primo paese di provenienza per le ragazze: 2.402 su 2.860 (l’84%). Prima della guerra, al 28 febbraio 2022, i minori stranieri non accompagnati erano complessivamente 11.201, di cui il 97% maschi. Gli arrivi dall’Ucraina hanno quindi certamente cambiato la composizione dei Msna per genere e per età, ma non bastano da soli a spiegare l’aumento dei numeri.

Egitto e Afghanistan, presenze raddoppiate

Che il numero di minorenni migranti soli sia più alto, è un dato. «Non per nulla pochi giorni fa un’ordinanza della Protezione Civile  “tenuto conto dell’eccezionale afflusso di minori tra le persone migranti” ha disposto che le comunità per minori autorizzate o accreditate all’accoglienza di minori con meno di 14 anni possono derogare ai parametri di capienza previsti, aumentando la capienza fino al 25% dei posti fissati. È segno della consapevolezza del fatto che i numeri sono strutturalmente questi e si manterranno alti», commenta Daniele Biella, giornalista esperto di migrazioni che nei mesi scorsi ha curato per Save the Children il report Nascosti in piena vista-Frontiera Sud, dedicato ai minori in viaggio soli attraverso le frontiere d’Europa. Osservando i report mensili sui Msna gli balzano agli occhi due dati: «Il primo è che continua ad abbassarsi l’età, anche al netto dei minori ucraini ci sono tanti più sedicenni. Oggi sono uno su quattro, il 24,6% mentre un anno fa erano il 19,1%. Empiricamente sul campo non c’è quasi più la questione di verificare con certezza la minore età, il timore che qualcuno possa fingersi minorenne: alle frontiere, negli sbarchi lo vedi palesemente che si tratta di ragazzini», dice.

L’altro tema riguarda la nazionalità. Fra aprile 2022 e aprile 2023 i minori provenienti dall’Egitto sono più che raddoppiati in numeri assoluti, oggi sono 5.094 mentre erano 2.325 un anno fa. Le dinamiche i questo caso sono quelle di una migrazione che vuole rimanere in Italia, diretta verso le grandi città, una migrazione con motivazioni lavorative, dettata dalla prospettiva di cercare una vita migliore, fuggendo da aree depresse. È vero che non è un salto nel vuoto, spesso ci sono parenti o conoscenti che sono già qui, ma il rischio è che finiscano nelle schiere di una manovalanza sfruttata, senza un lavoro regolare. Sono ragazzini anche di 15 e 14 anni, qualcuno un po’ sprovveduto, non conoscono bene le dinamiche della migrazione… Diversi gli afghani, anch’essi aumentati considerevolmente quest’anno, perché sono passati da 362 a 580, molto determinati, con un progetto migratorio molto preciso che li vede puntare alla Germania, alla Francia, alla Gran Bretagna, alla Svizzera costi quel che costi. Basta stare due giorni a Trieste o a Roccella per accorgersene, sono ragazzi che dai centri di accoglienza e dall’Italia si allontanano il prima possibile. Se si osserva, anche il tasso di allontanamento è schizzato in alto: dal 16% dell’aprile 2022 al 34% dell’aprile 2023».

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Un terzo punto che Biella evidenzia è il ritorno della Sicilia in testa alla classifica delle regioni italiane che accolgono più MSna. Un dato storico, a dire il vero, “scalzato” probabilmente solo dagli arrivi dei ragazzini ucraini che si sono mossi lungo le direttrici di relazioni con connazionali e partenti che lavoravano già in Italia. «Oggi la Sicilia è tornata ad essere la prima regione di accoglienza dei Msna: ne accoglie quasi 4.500, il 21,6%, ben staccata dalla seconda regione, la Lombardia, che ne accoglie poco meno di 2.800, pari al 13,4%. È un problema che c’è da moltissimo tempo e che non si riesce a risolvere. Avere questi numeri così concentrati in un territorio significa che i ragazzi vengono “paracadutati” nei Cas ben più a lungo dei 30 giorni previsti. Ci restano mesi. E lì per definizione non puoi impostare un progetto di vita, perché quella è un’accoglienza temporanea. Sta tutto alla buona volontà degli operatori, ma nel Cas la dotazione economica disponibile per il progetto di vita è inferiore quindi il rischio “parcheggio” è davvero molto alto», afferma Biella.

Cosa serve allora? «Il concetto è delicato, ma il punto è che si capisce benissimo in poco tempo chi ha intenzione di restare in Italia, chi è disponibile a farsi ingaggiare e chi ha altri obiettivi. Quelli che vogliono costruirsi una vita in Italia dovrebbero essere inseriti subito e bene in un percorso di vita, perché quello fa la differenza. Da poco la Regione Emilia Romagna ha raddoppiato – portandole a 2 milioni di euro – le risorse destinate all’orientamento, alla formazione linguistica e ai laboratori professionalizzanti dei minori stranieri non accompagnati e padre Giovanni Mengoli, del Ceis, sottolineava come la chiave del successo, con questi giovani, sia proprio quella di farli entrare nel mondo del lavoro da subito, perché questi ragazzi vengono qui con questo obiettivo», sottolinea Biella. E per gli altri, quelli che hanno progetti differenti dal restare in Italia? «Il tema è delicato perché è ovvio che qualsiasi minore solo vada immediatamente segnalato per garantirgli una protezione, ma per questi ragazzi – che dai centri comunque se ne vanno appena riescono – sarebbe importate garantire gli strumenti necessari a tutelali, dargli gli strumenti giusti per conoscere i loro diritti, per non finire nelle reti degli sfruttatori, una helpline per segnare abusi…».

Nascosti in piena vista

Nelle pagine finali del report Nascosti in piena vista sono raccolte dieci raccomandazioni per «una manutenzione straordinaria al sistema di accoglienza» dei Msna, a cinque anni dalla legge 147/2017 «per non rischiare di rendere vani i bei principi enunciati nel testo normativo», tra cui «attuare una governance dell’accoglienza dei minori non accompagnati, con l’obiettivo di realizzare una distribuzione uniforme sul territorio», «istituire un Albo dei centri di accoglienza, con una mappatura completa a livello nazionale delle strutture recettive a disposizione delle Prefetture», «dare piena e tempestiva attuazione alla previsione della legge 47/2017 che fissa i tempi per la prima accoglienza a 30 giorni» e «sostenere in modo deciso l’affido familiare dei minori stranieri non accompagnati». Tutte strade – conclude Biella – «per innalzare la qualità dell’accoglienza ed evitare il rischio “parcheggio”».

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L’esperienza del mentoring

«I minori stranieri non accompagnati censiti in Italia al 31 dicembre 2022 sono 20.089. Un numero in forte aumento rispetto al 2021 (+64%) e condizionato anche dalla crisi umanitaria che ha interessato l’Ucraina e ora anche il Sudan. Il sistema di tutela specifico per i minorenni stranieri che arrivano soli in Italia sembra infrangersi di fronte ad un dato anagrafico, il compimento della maggiore età, momento in cui vengono repentinamente meno gli obblighi di tutela e protezione da parte dello Stato. Ed è qui che entra in gioco la figura del mentore che si inserisce in un vuoto legislativo, sociale ed educativo», commenta in un nota Refugees Welcome Italia, che insieme a Fondazione HAPAX / Mentoring ha realizzato l’indagine “Il mentoring come strumento di inclusione sociale per giovani con background migratorio. Esperienze in Italia”. L’indagine fotografa le esperienze di mentoring realizzate negli ultimi cinque anni da Defence for Children Italia (Genova), CIR (Roma), Programma Integra (Roma), Esserci (Torino), CIDIS (Perugia), Refugees Welcome Italia (Palermo, Roma e Ravenna), Ciac (Parma), Sperimentazioni Tutori Sociali (Esserci Torino, Cir Catania, Oxfam e Associazione dei tutori volontari, Toscana).

Anche se non è ancora possibile elaborare una valutazione definitiva e scientifica sulle ricadute delle relazioni di mentoring sui percorsi di inclusione dei giovani cui si rivolgono, l’indagine quantitativa ha esaminato quattro territori (Emilia-Romagna, Liguria, Toscana e Piemonte) dove sono attivi i progetti Fianco a Fianco, Re-Generation, Tutela Sociale Never Alone–Toscana e Tutela Sociale Never Alone–Piemonte. In questi territori sono stati attivati 171 matching. Soltanto 12 percorsi sono stati interrotti prima del termine previsto, a testimonianza dell’efficacia del modello d’intervento. Sono le donne a farsi carico in prevalenza del ruolo di mentore (139), con un’età compresa tra i 30 e i 50 anni. Un molto basso di mentori possiede un background migratorio. I mentees, invece, sono prevalentemente uomini e in accoglienza istituzionale. Considerando invece la durata dei percorsi di mentoring, tutti i territori hanno indicato come 6 mesi il tempo previsto, tranne la Toscana in cui con il decreto di Prosieguo amministrativo emanato dal TM si arriva ad un massimo di 3 anni. La dimensione del tempo appare centrale sia per la costruzione di una relazione di fiducia tra mentore e mentee, sia per la definizione degli obiettivi condivisi da perseguire.

«La figura del mentore riveste una funzione fondamentale» spiega Fabiana Musicco, Presidente di Refugees Welcome Italia. «Esso facilita la creazione e il consolidamento di legami e relazioni significativi. Inoltre, stiamo riscontrando come la società civile risponda in modo molto positivo alla chiamata delle organizzazioni del Terzo settore, un segnale che evidenzia come tanti desiderano esercitare la propria cittadinanza attiva e considerano il mentoring un buon modo per farlo». 

Corridoi lavoratovi, cura dei minori. Le strade dell’inclusione da percorrere e ampliare.

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