12 dicembre 1969: l’Antiquario, il Paracadutista e quel filmato su piazza Fontana
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12 dicembre 1969: l’Antiquario, il Paracadutista e quel filmato su piazza Fontana

La conversazione tra Salvini e l’Antiquario è una delle pagine più incredibili de “La maledizione di piazza Fontana” un libro a tratti davvero notevole che proprio il giudice milanese ha scritto nel 2019 in collaborazione con Andrea Sceresin

12 dicembre 1969: l’Antiquario, il Paracadutista e quel filmato su piazza Fontana
La strage di piazza Fontana
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Giovanni Giovannetti Modifica articolo

11 Dicembre 2023 - 23.37


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«Dottor Salvini, ma il capitano Labruna le ha mai mostrato delle pellicole?» Pellicole? «Ci sono due bobine, due nastri Super 8, che mostrano cosa accadde quel pomeriggio di dicembre di fronte alla Banca nazionale dell’agricoltura. La cinepresa si trovava sull’altro lato dello slargo, in direzione di piazza Beccaria, ed era azionata da uomini dei Servizi segreti o da chi lavorava per loro. Ho potuto visionare personalmente circa mezz’ora di immagini, può capire da solo da chi… nella seconda bobina si vede un camion OM con cassone telato e targa romana. Il camion passa davanti alla banca, si ferma e apre la portiera. Viene allungata una borsa, un uomo la prende ed entra all’interno dell’edificio. Quindi il camion riparte e fa un lungo giro: si vede l’esplosione, e poi di nuovo il camion che ripassa una seconda volta davanti alla banca, come a verificare che tutto è andato bene… Fu una scena orribile che non dimenticherò mai. C’era una donna ferita, aggrappata a ciò che restava di una delle porte di cristallo dell’edificio. Si era salvata per un pelo: la deflagrazione l’aveva colta proprio davanti alla soglia. Non posso dire molto di più, solo due cose: la bomba è stata innescata nella zona di San Babila, dalle parti del bar Gin Rosa. Per quanto riguarda il camion, invece, resta poco da fare: è stato distrutto dopo un paio di settimane. Lo hanno fatto saltare per aria a Roma, simulando un atto terroristico».

Siamo nel 2009, quattro anni dopo la sentenza di cassazione che manda nuovamente assolti gli imputati dell’ultimo processo per piazza Fontana. Di fronte allo stupefatto magistrato siede l’Antiquario (Salvini non ne rivela il nome), un tempo figura di rilievo tra i “neri” milanesi di piazza San Babila, oggi rapinatore di banche per necessità (lo fa con modi garbati e armato di un semplice taglierino). Al nono colpo il rapinatore gentiluomo verrà preso con le mani nel sacco e affidato proprio alle cure del gip milanese fresco reduce dalle indagini su piazza Fontana.

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La conversazione tra Salvini e l’Antiquario è una delle pagine più incredibili de “La maledizione di piazza Fontana” (Chiarelettere, 2019) un libro a tratti davvero notevole che proprio il giudice milanese ha scritto nel 2019 in collaborazione con Andrea Sceresini.

Il capitano dell’Arma Antonio Labruna citato dall’Antiquario è il responsabile del Nucleo operativo diretto (Nod), vale a dire il braccio destro del generale Gian Adelio Maletti al Sid. Labruna (tessera P2 n. 2066) è colui che ha organizzato l’esfiltrazione ovvero la fuga all’estero di nazifascisti collaboratori del Sid come Guido Giannettini e Marco Pozzan (coinvolti a vario titolo nella strage milanese) e per questo motivo al processo di Catanzaro per piazza Fontana Labruna verrà condannato, assieme a Maletti, a due anni di reclusione. Ora l’Antiquario incarcerato rivela a Salvini che, per conto del Sid, «Labruna aveva preso contatti con noi, gli elementi di San Babila più vicini a Ordine nuovo, quelli che avevano dei progetti, non quelli per cui la piazza era un semplice stile di vita. Ci ha illustrato i reciproci vantaggi di una collaborazione… Ha promesso armi in vista di un rovesciamento della situazione politica… qualche arma è anche arrivata… da una caserma di Bergamo… Del trasporto mi sono occupato io». Del resto Labruna era da tempo in contatto con l’ambiente ordinovista sia padovano che veneziano.

Ma se il possibile regista di questo filmato su piazza Fontana è Labruna o qualche altro spione dei Servizi, chi stava alla macchina da presa? Secondo Salvini più di un indizio porta all’agenzia investigativa di Tom Ponzi e all’Anello o “noto servizio”, quella struttura civile occulta di cui Ponzi era un autorevole componente. Ponzi è un detective privato; all’Anello i Servizi delegano invece il lavoro sporco, per non esporsi direttamente.

Per l’Antiquario «quello dei Servizi non era un mondo così lontano, almeno a livello di esperienza famigliare». Suo zio era stato infatti vicequestore a Milano e suo padre era amico intimo e socio in affari del fascistissimo Ponzi, il custode di quel filmato che l’Antiquario ha avuto occasione di vedere.

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Che Ponzi fosse assai ben informato – e preventivamente – su piazza Fontana sembra confermarlo proprio il capitano Labruna: sentito nel 1998 dal pari grado Massimo Giraudo dei Ros, Labruna così risponde: «se volete sapere qualcosa di più sulla strage di piazza Fontana dovete trovare l’archivio svizzero di Tom Ponzi, le bobine soprattutto… è lì che dovete cercare», in quell’archivio che l’investigatore privato era riuscito a portare in Svizzera poco prima di venire arrestato, assieme a Walter Beneforti, per lo scandalo delle intercettazioni illegali del cosiddetto Watergate italiano.

Solo nel maggio 1975 le due casse ricolme di bobine e documenti verranno restituite dalle autorità svizzere a quelle italiane. Le prende in consegna il maggiore (poi colonnello) dei Carabinieri Antonio Varisco, un ufficiale, scrivono Salvini e Sceresini, «certamente in contatto con l’ordinovista padovano Massimiliano Fachini nel periodo in cui Freda e Ventura erano già stati arrestati per la strage di piazza Fontana e Fachini aveva avuto a sua volta contatti informativi con il capitano Labruna». Dove sia oggi quell’archivio non è dato sapere, ma se anche venisse ritrovato difficilmente vi figurerebbero le due bobine di cui parla l’Antiquario: stando a un collaboratore di Ponzi, l’investigatore era riuscito a far sparire quelle più compromettenti «proprio sotto il naso dei gendarmi svizzeri mentre sorbivano il caffè».

Pare dunque inconfutabile che di piazza Fontana il camerata Ponzi sapesse tutto, ma è morto nel 1997; costretti con la forza, lo hanno ribadito all’ex brigatista Michele Galati (autore di una contro-inchiesta su piazza Fontana) lo spione del Sid Guido Giannettini e l’ex “uomo forte” dei Servizi civili Walter Beneforti, poi diventato il più stretto collaboratore di Ponzi (nonché di Cefis), tutti rinchiusi per qualche tempo nello stesso carcere: Giannettini, racconta Galati, «lo mettemmo spalle al muro con un coltello alla gola e poco dopo replicammo la stessa scena anche con Beneforti. A tutti e due, più con le cattive che con le buone, rivolgemmo la stessa domanda: volevamo sapere la verità sulla strage di piazza Fontana. Ricevemmo da entrambi la stessa risposta: “Quello che sa tutto di questa storia è Tom Ponzi”».

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Nel filmato sulla strage di piazza Fontana, l’Antiquario vede un camion fermarsi davanti alla banca e un uomo prendere in consegna una borsa prima di entrare nella banca. In quell’uomo lui stesso riconosce un giovane paracadutista, appartenente alla cellula veronese di Ordine nuovo.

Nell’ambiente Ordinovista sono in molti a ricordarselo: fra le numerose testimonianze sul Paracadutista raccolte da Salvini, l’agente coperto del Sid Roberto Cavallaro lo segnala tra gli elementi più determinati della legione veronese, la quinta, dei Nuclei in difesa dello Stato, sottolineando che «l’addestramento all’uso degli esplosivi era parte integrante dell’attività di questa struttura».

Nel suo libro Salvini puntualmente ne ricostruisce l’identità: figlio di un funzionario della Cassa di risparmio di Verona, Vicenza e Belluno… arrestato a 17 anni per vilipendio delle forze di Liberazione… picchiatore… intestatario del contratto d’affitto della sede veronese di Ordine nuovo… Nel 1973 al processo romano contro Ordine nuovo il Paracadutista viene condannato a tre anni (poi ridotti a due in appello) e allora con Elio Massagrande e altri camerati trova rifugio in Grecia, dove apre un ristorante e un’agenzia di viaggi. Dopo la fine del regime dei Colonnelli nel 1974 il Paracadutista viene espulso dal Paese, si trasferisce in Svizzera e poi eccolo di nuovo in Italia, senza che nessuno gli rechi disturbo. Salvini non ne rivela il nome ma è il ritratto di Claudio Bizzarri. Ironia della sorte, Bizzarri muore nell’ottobre 2019, a pochi giorni dall’uscita del libro di Salvini e Sceresini, circa un mese prima del cinquantesimo anniversario di piazza Fontana.

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