Il bollettino della Sala Stampa della mattina di Pasqua 2017 era stato chiaro: «Il Papa non tiene l’omelia poiché alla Messa fa seguito la Benedizione “Urbi et Orbi” con il Messaggio pasquale».
Francesco però ha deciso comunque di dire alcune parole. E lo ha fatto a braccio, lentamente, meditando i pensieri e le parole. Seguendo un percorso più simile a una confessione personale a tu per tu che a un’omelia davanti a una piazza piena di gente.
E ha parlato di sassolini: «anche noi, sassolini per terra, in questa terra di dolore, di tragedie, con la fede nel Cristo Risorto abbiamo un senso, in mezzo a tante calamità. Il senso di guardare oltre, il senso di dire: “Guarda, non c’è un muro; c’è un orizzonte… Guarda avanti, non chiuderti”. Cosa ci dice la Chiesa oggi davanti a tante tragedie? Questo, semplicemente. I sassolini che credono e si attaccano a quella pietra non sono scartati, hanno un senso e con questo sentimento la Chiesa ripete dal profondo del cuore: “Cristo è risorto”».
Queste le parole di papa Francesco, che in realtà sono citazioni a memoria delle parole che il Matto – l’attore Richard Basehart – rivolge a Gelsomina – l’indimenticabile Giulietta Masina – nel film La strada di Fellini.
Papa Francesco voleva fare il Matto, dunque. Sin da Kierkegaard la teologia ha già metabolizzato e previsto che il teologo possa essere considerato un clown, un comico. Ma questa metafora ha comunque un valore tragico, inquadrando il teologo come un pagliaccio che grida davvero «al fuoco!» per un vero incendio, provocando tuttavia solamente le risate fino alle lacrime. Nessuno lo prende sul serio.
Il Matto è un acrobata: il senso della vita è un rischio, come quello rappresentato dal filo teso in alto con il quale si confronta. Però è anche un sognatore, che non sa fare i conti con la violenza di Zampanò, eppure sa neutralizzarla. Ci vuole un matto per risvegliare in noi il senso del mistero. E la speranza di una possibile resurrezione, anche in un mondo tragico come il nostro.
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