La diplomazia del Papa contro le guerre: un appello al mondo che sta perdendo il cuore
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La diplomazia del Papa contro le guerre: un appello al mondo che sta perdendo il cuore

Se papa Francesco ha scritto una enciclica sul Sacro Cuore, la Dilexit nos, è anche perché vede come si susseguono nuove guerre. E allora – scrive – viene da pensare che la società mondiale stia perdendo il cuore.

La diplomazia del Papa contro le guerre: un appello al mondo che sta perdendo il cuore
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Antonio Spadaro Modifica articolo

3 Novembre 2024 - 19.52


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Se papa Francesco ha scritto una enciclica sul Sacro Cuore, la Dilexit nos, è anche perché vede come si susseguono nuove guerre. E allora – scrive – viene da pensare che la società mondiale stia perdendo il cuore.

La diplomazia vaticana è un monito costante: ha un valore solamente morale, qualcuno dice, ma esso è globalmente riconosciuto. Non ha pari in questo senso.

L’occhio di Francesco sulla realtà di questo mondo è ben aperto: sa che il peggio del Novecento sta tornando. Sono le scelte degli uomini a dare forma al futuro.

Il Papa non crede che esista una bacchetta magica capace di risolvere i problemi con un colpo di spugna o un miracolo. Conosce le dinamiche perverse della politica internazionale che ha rinunciato ad affrontare le questioni in modo multilaterale: lo ha scritto in tutti i suoi documenti più ufficiali.

Per questo la sua diplomazia cuce sempre e mai vuole tagliare. Per questo vuole ragionare tenendo tutti insieme, i «buoni» e i «cattivi»: per lui sono tutti figli e lui è padre.

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Per questo la diplomazia vaticana è infaticabile nei suoi canali ufficiali e non ufficiali. Essa sa che senza una visione globale sul bene comune – così tipica del cattolicesimo, tra l’altro – la politica internazionale resta saldamente ancorata agli interessi economici. E dunque produce scarti, e lo scarto produce conflitto.

Presto ci confronteremo con elezioni nazionali cruciali, come lo sono quelle americane, che potranno cambiare il panorama globale.

E sa, Francesco, che il vero problema dell’implosione dell’ordine mondiale è che non abbiamo neanche le parole per balbettarne un altro.

Stiamo perdendo il logos della scienza politica mentre il male assume i tratti della metafisica lasciandoci afoni, capaci solo di registrare le carneficine di una «inutile strage».

Ma i conflitti stessi sembrano senza una vera e propria strategia. Si parla di vittoria e non di pace. E le possibili vittorie non sono orientate da chiare e praticabili idee di futuro.

Quali sarebbero nel caso dell’Ucraina e del Medioriente, ad esempio? Francesco parla della «martoriata Palestina» accanto alla «martoriata Ucraina».

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E al Sinodo che si è appena concluso si è compiuta la profezia di vedere allo stesso tavolo l’arcivescovo di Mosca e quello di Kiev, quello di Teheran e l’invitata speciale da Haifa.

La tragedia è che ancora si crede che le guerre possano risolvere i problemi. Oltre che una stupidaggine, questa è una decisione libera degli uomini e degli Stati, incluse le democrazie.

E la diplomazia vaticana è lì, profetica, ma capace di accorrere dovunque, per ricordare a tutte le parti che stiamo perdendo il cuore.

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