di Antonio Salvati
Non smetteremo di riflettere sufficientemente sul significato profetico profondo di Papa Francesco relativo all’apertura della seconda Porta Santa dell’Anno Santo 2025, quella del carcere romano di Rebibbia, sicuramente la più originale e definita da lui stesso «basilica tra virgolette». Spalancare la porta di un luogo per definizione chiuso è decisamente un segno potente. Papa Francesco ha desiderato fortemente che la seconda Porta Santa fosse quella di un carcere e ai detenuti ha affermato: «Ho voluto che ognuno di noi, che siamo qui dentro e fuori, avessimo la possibilità di spalancare le porte del cuore e capire che la speranza non delude». Ha utilizzato significativamente l’espressione
«noi dentro e fuori», come dire siamo separati ma siamo un noi. È un bel gesto quello di spalancare, aprire le porte, ha aggiunto il Pontefice. «Ma più importante è quello che significa. E cioè aprire il cuore. Cuori aperti. E questo fa la fratellanza. I cuori chiusi, duri, non aiutano a vivere». Marta Cartabia, nella recente settimana sociale dei cattolici italiani a Trieste, ha ricordato come nella Costituzione non si parli di carcere, bensì di «pene», secondo la previsione dell’articolo 27, sottolineando il plurale, e come queste «non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato». Appunto. Rieducazione e pene. Guai a credere – ha sostenuto il Presidente della CEI Matteo Zuppi – «che l’unica scelta sia «farla pagare» all’autore della sofferenza, come è giusto sia e come spesso anche il condannato cerca. Pene per rieducare. Ci crediamo? È su questo che è pensato il nostro sistema? Se pensiamo alle condizioni fisiche, dovute al sovraffollamento – problema decennale –, siamo costretti a credere che esso non sia visto come reale emergenza che richiede intelligenza applicativa e anche il coinvolgimento di tutta la comunità». In molte carceri un terzo dei detenuti potrebbe uscire se avesse luoghi dove godere di pene alternative. Un carcere – ha aggiunto Zuppi – «solamente punitivo non è né civile, né umano e nemmeno “italiano” perché non risponde a quanto abbiamo sottoscritto nel patto fondamentale della nostra cittadinanza. La sicurezza non è data dalle famose chiavi da buttare, ma anzi esattamente dal contrario, cioè dalla rieducazione, con tutto quello che comporta».
Un gesto, quello di Rebibbia, che ben s’inquadra nel Giubileo del 2025 indetto all’insegna della Speranza. Un Giubileo che può portare speranza e pace a un mondo segnato da paura, guerre, solitudine, come sostiene Andrea Riccardi, storico del cristianesimo e fondatore della Comunità di Sant’Egidio. «Ogni Giubileo – aggiunge Riccardi – ha un significato particolare: il Giubileo del 2000 era il passaggio di millennio in una visione wojtyliana, messianica. Questo Giubileo ha un messaggio umile ma molto profondo, che ben si adatta al periodo storico che stiamo vivendo».
Siamo in tempo di guerra, in una stagione della forza. In una stagione in cui abbiamo una grande paura del futuro che non vediamo. La paura – se pensiamo all’Italia – di una società che invecchia e non si fanno figli; ma anche la paura di un nuovo caotico ordine mondiale, sia economico sia politico. Quale politica faranno le potenze emergenti? come si aggregheranno? Potremmo dire che dal 24 febbraio 2022, quando le truppe russe invadevano l’Ucraina, siamo entrati nel pieno della stagione della forza, con l’esibizione pornografica delle armi, le propagande ingannatrici, che tutto confondono. La pace è considerata dai più un tradimento o un’ingenuità pericolosa. Sì, la stagione della forza che il 7-8 ottobre del 2023 ha segnato un’altra dimostrazione: Hamas, organizzazione palestinese e terroristica, attaccava Israele con un pogrom brutale, nel corso del quale sono morti più di 850 civili e 350 tra militari e forze dell’ordine tra stupri, violenze di ogni tipo, mentre 250 israeliani venivano rapiti, tra cui 20 bambini. Iniziava – com’era facilmente prevedibile – una guerra di ritorsione che avrebbe colpito sistematicamente Gaza distruggendola e provocando migliaia di morti, tanti, palestinesi intrappolati nel territorio.
Scoppiava la grande guerra in Medio Oriente. Altri conflitti, in buona parte dimenticati, attestano che siamo nella stagione della forza. In Sud Sudan, non si trova la pace e i negoziati agonizzano. Dovunque non si dialoga e si negozia più. In Sudan si combatte: undici milioni di sfollati, 400.000 morti civili a causa di violenza, carestia, malattia, mentre solo nello Stato di Karthoum, la capitale, sono morte 61.000 persone nei primi 14 mesi di guerra. Il pacifico Burkina Faso è diventata la nazione al mondo più colpita dal terrorismo: attacchi a villaggi, chiese, moschee, con centinaia di morti, che si fa fatica a contare. Civili, donne, bambini, uomini disarmati: la vita di un burkinabé non vale niente. E quante popolazioni sottoposte all’insicurezza e alla violenza, come in Mozambico, in Kivu nella Repubblica Democratica del Congo (praticamente in guerra), e altrove.
In questa stagione della forza si sono smantellati moltissimi “noi” e comunità. Tanta gente spaventata e sradicata è attratta verso leader forti, che proclamano alcuni valori rassicuranti e accusano tutti. Molti messaggi sconvolgenti attraversano la rete di internet. Elon Musk, che possiede parte di questo mondo virtuale, ha dichiarato recentemente che solo i neonazisti possono salvare la Germania. Non è la prima volta che Musk mostra apprezzamento per Alternative für Deutschland. Come dire questo dopo la Shoah senza vergognarsi? È lo spirito della stagione di forza, in cui gli io si sentono forti nella violenza e nel disprezzo. La storia non conta e si può ripetere.
Il Giubileo, che il papa ha aperto la notte del 24 dicembre a San Pietro, inizia il 2025. Un anno che diventa storia di Dio. Non per le molte celebrazioni, ma per il carattere biblico, che afferma che la terra è di Dio, i debiti condonati, gli schiavi liberati: «Dichiarerete santo il cinquantesimo anno e proclamerete la liberazione nel paese per tutti i suoi abitanti», recita il Libro del Levitico. Papa Francesco ha dedicato il Giubileo alla speranza per tornare a sperare un mondo diverso. Il Giubileo apre la porta verso una storia nuova. La porta si apre lottando a mani nude. Alla stagione della forza, Papa Francesco oppone la stagione della speranza. La speranza non delude. Sperare induce a sognare con audacia. Papa Francesco invoca che il mondo riprenda a sognare animato dalla speranza. Fare, mettere in pratica, costruire aiuta a sognare ancor di più, consapevoli che niente è impossibile a chi crede. Anche per chi non crede, perché la speranza non è appannaggio dei credenti. Lo Spirito soffia nel cuore dei credenti di tutte le religioni, degli uomini di buona volontà, di quanti sono stanchi di guerra e odio. L’impossibile può avvenire. La storia – ripete instancabilmente Riccardi – è piena di sorprese! Tutto può cambiare!
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