Manca il dominio sulla parola: quella degli altri per coglierne l'essenza e quella per esprimere la nostra ricchezza
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Manca il dominio sulla parola: quella degli altri per coglierne l'essenza e quella per esprimere la nostra ricchezza

Quante parole si dicono nel mondo ogni giorno? Quante parole affollano la mia mente? Quante hanno senso e profondità? E quante non hanno nessun valore

Manca il dominio sulla parola: quella degli altri per coglierne l'essenza e quella per esprimere la nostra ricchezza
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Rocco D'Ambrosio Modifica articolo

4 Gennaio 2025 - 19.45


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Il Vangelo odierno: In principio era il Verbo,
e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
Egli era, in principio, presso Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di lui
e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.
In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini;
la luce splende nelle tenebre
e le tenebre non l’hanno vinta.
Venne un uomo mandato da Dio:
il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone
per dare testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
Non era lui la luce,
ma doveva dare testimonianza alla luce.
Veniva nel mondo la luce vera,
quella che illumina ogni uomo.
Era nel mondo
e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;
eppure il mondo non lo ha riconosciuto.
Venne fra i suoi,
e i suoi non lo hanno accolto.
A quanti però lo hanno accolto
ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome,
i quali, non da sangue
né da volere di carne
né da volere di uomo,
ma da Dio sono stati generati.
E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi abbiamo contemplato la sua gloria,
gloria come del Figlio unigenito
che viene dal Padre,
pieno di grazia e di verità.
Giovanni gli dà testimonianza e proclama:
«Era di lui che io dissi:
Colui che viene dopo di me
è avanti a me,
perché era prima di me».
Dalla sua pienezza
noi tutti abbiamo ricevuto:
grazia su grazia.
Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè,
la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
Dio, nessuno lo ha mai visto:
il Figlio unigenito, che è Dio
ed è nel seno del Padre,
è lui che lo ha rivelato
(Gv 1, 1-18 – II dom dopo Natale).

Il brano evangelico odierno insegna, tra l’altro, che la Parola “illumina ogni uomo”. Cosa significa che la Parola Gesù illumina ogni persona, illumina me?  Scriveva Madeleine Delbrel: “La Parola di Dio non la si porta in capo al mondo in una valigetta: la si porta in sé, la si porta su di sé. Non la si ripone in un angolo di se stessi, nella propria memoria, come ben sistemata sul ripiano di un armadio. La si lascia andare sino al fondo di sé, sino a quel cardine su cui fa perno tutto il nostro essere. Non si può essere missionari senza aver fatto in sé questa accoglienza franca, larga, cordiale alla Parola di Dio, al Vangelo.  Questa Parola, la sua tendenza vivente, è di farsi carne, di farsi carne in noi.  E quando siamo così abitati da Lei diventiamo atti ad essere missionari.  Ma non inganniamo. sappiamo che è gravosissimo ricevere in sé il messaggio intatto. E’ per questo che tanti fra di noi lo ritoccano, lo mutilano, lo attenuano.  Si prova il bisogno di metterlo alla pari con la moda del giorno, come se Dio non fosse alla moda di tutti i giorni, come si potesse ritoccare Dio”. Quindi la Parola, Gesù fatto carne, illumina… 

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Partiamo dal chiederci: quante parole si dicono nel mondo ogni giorno? Quante parole affollano la mia mente? Quante hanno senso e profondità? E quante non hanno nessun valore, cioè sono chiacchiere? Forse questo è un quadro che dovremmo tener presente quando siamo invitati a riflettere sul fatto che Gesù è “la Parola di Dio che si è fatta carne”, che illumina ogni persona. La Parola di Dio ci ci giunge, spesso sorprende, mentre siamo immersi e circondati da tante, tantissime parole umane, di ogni tipo e di diverso valore. Si potrebbe dire che la Parola si incarna nella confusione… che sino noi e le nostre vite. Si incarna nel buio, dove ci sembra quasi impossibile che possa illuminare qualcuno e le sua parole.

Da diversi anni, nel mio lavoro di formazione, le parole di don Milani mi accompagnano non solo come punto ideale di riferimento, ma anche come pungolo quotidiano. Scriveva il prete fiorentino nel 1956: «Ciò che manca ai miei figlioli è dunque solo questo: il dominio sulla parola. Sulla parola altrui per afferrarne l’intima essenza e i confini precisi, sulla propria perché esprima senza sforzo e senza tradimenti le infinite ricchezze che la mente racchiude». Allora lo sforzo è trovare questi luoghi – fisici, virtuali e mediali – in cui insegnare a dominare la parola a illuminarla. Lo sforzo dei cristiani è, ancor meglio, dominare le mie parole con la Parola fatta carne. Illuminare le mie parole con Gesù, il Verbo di Dio.

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